Creative Commons License
Rock e Dintorni by Rock e Dintorni is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: Dead Meadow - Old Growth (2008)

martedì 14 ottobre 2008

Dead Meadow - Old Growth (2008)



Anno: 2008

Etichetta: Matador Records

Line Up:
Jason Simon - guitar, bass
Steve Kille - bass, sitar
Stephen McCarty - drums

Tracklist:
1. Ain't Got Nothing (To Go Wrong)
2. Between Me and the Ground
3. What Needs Must Be
4. Down Here
5. 'Till Kingdom Come
6. I'm Gone
7. Seven Seers
8. The Great Deceiver
9. The Queen of All Returns
10. Keep on Walking
11. Hard People/Hard Times
12. Either Way

Se avete presenti questi Dead Meadow, credo che rimarrete delusi dall'ascolto dell'ultima fatica del terzetto. Non perchè il disco non sia oggettivamente ben suonato o privo di idee, ma semplicemente perchè non è un disco di heavy psych - o psichedelia lisergica e distorta dir si voglia - a cui ci aveva abituato il terzetto di Washington DC. O meglio, la psichedelia è presente ma non è preponderante e uber alles, come accadeva in Feathers o in Shivering King and Others, o addirittura nel disco omonimo: tutti grandi lavori che erano stati capaci di piazzare i Dead Meadow ai vertici delle band psichedeliche moderne e attuali, senza sfigurare affianco a band di grandissimo livello come i Colour Haze o i 35007, per citarne due conosciutissime. Quello che manca in Old Growth è proprio la straripanza di una psichedelia acida, figlia dei '70 e dei '60, ma mai derivativa o ripropositiva di sonorità forse ammuffite e già ben realizzate dai pink floyd barrettiani o dai 13th floor elevators. No, manca quella capacità di manifestare attraverso la musica, immagini, colori e sensazioni reali come sfrenate corse nelle praterie americane, guidati da un totem indiano. Mancano quelle folgoranti melodie che permettevano l'obnubilamento della coscienza, allegerivano la testa e non ossigenavano perfettamente i nostri centri nervosi centrali, visto che la percezione sensoriale appariva distorta e poco attinente alla realtà. Ma, hey, non è tutto perduto. Questo è un gran bel disco: da viaggio, ma solo fisico e non più un bel trip da mescalina. Niente welcome to Tijuana, giusto un Welcome to Yellowstone. Un ottimo album da viaggio on the road, o una splendida colonna sonora per avventure e giornate passate a contatto con la natura, cosa che peraltro invoglia la splendida copertina. Ora che vi ho descritto cosa NON troverete, passiamo a elencare i pregi di questo disco:
- ha un'ottima melodia, con dei ritornelli molto orecchiabili e perfettamente godibili. Non ci sarà mai nulla di così intricato da risultare indigesto.
- la psichedelia è ancora presente, soprattutto nelle canzoni più lunghe Ain't Got Nothing (To Go Wrong), The Queen Of All returns), così come la presenza del sitar nel settimo brano.
- un rock che si lega di più alla struttura canzone, con un numero maggiore di brani e con uan minore durata: il massimo sono i 6 minuti circa del primo brano, mentre gli altri vanno dai 2 ai 4-5 minuti. Un disco breve, ma con una sua identità.
- le deviazioni sono verso un garage-blues americano, più folk cantautorale che punk-detroit style. Prendete con le pinze quest'affermazione: hanno qualche punto di contatto con Howl dei Black rebel Motorcycle Club. Sarà il tipo di voce, più trascinata e figlia di Dylan-Reed, o l'uso di una chitarra acustica di grande atmosfera.
- i cambiamenti nel sound possono essere dovuti all'etichetta: La Matador records vede tra le sue fila Cat Power, Yo la tengo, belle and sebastian (ed in passato ha avuto Arab Strap, Boards Of canada, Unsane e Interpol).
Insomma, per il sottoscritto, un lavoro che si guadagna un sette tondo e gustoso, un disco delicato e molto maturo, ma non certo il più psichedelico del combo.


Sgabrioz

Nessun commento: