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martedì 7 aprile 2009

Led Zeppelin - Led Zeppelin I (1969)


Anno: 1969

Etichetta: Atlantic Records

Tracklist:
1. Good Time Bad Times
2. Babe I'm Gonna Leave You
3. You Shooke Me
4. Dazed And Confused
5. Your Time Is Gonna Come
6. Black Mountain Side
7. Communication Breakdown
8. I Can't Quit You Baby
9. How Many More Times

Ci saremmo potuti chiamare i Vegetali o le Patate... Che cosa significa Led Zeppelin? Non significa niente. (Jimmy Page)

Era il 1968. Il giovane chitarrista Jimmy Page, appena concluso il “tirocinio” prima come bassista e poi come chitarrista negli Yardbirds al fianco di Eric Clapton e Jeff Beck, decide di formare un nuovo gruppo, i New Yardbirds. E' alla ricerca di un cantante. L'attenzione ricade su Robert Plant, un perfetto sconosciuto che milita a tempo perso negli Hobbstweedle e che si esibisce nei dintorni di Birmingham. Manca il batterista. Plant suggerisce a Page un suo amico, un ragazzone che fin da bambino aveva l'abitudine a percuotere tutto quello che trovava a tiro: John Bonham. Manca il bassista. Page deve subire il rifiuto all'ultimo momento di Chris Dreja, il bassista degli Yardbirds ritiratosi dalla musica per dedicarsi alla fotografia (infatti realizzerà l'artwork di questo album). Così decide di affidarsi a John Paul Jones, una persona mite e dai modi schivi che aveva già collaborato con Jeff Beck per la realizzazione dell'album Truth. Nascono così i New Yardbirds, ma il nome dura il tempo di qualche esibizioni dal vivo. Fu scelto il nome Led Zeppelin. Tante sono le leggende sul significato e l'origine del nome, ma visto che gli uomini nascono e muoiono mentre le leggende sono eterne, preferiamo non saper la verità e rimanere nel mistero.
Questo è primo capitolo del libro Led Zeppelin, Led Zeppelin I.
Si sa che le cose, come nella vita, stanno nell'aria ma la differenza fa chi per primo le afferra. I Led Zeppelin non afferrarono mai niente di nuovo però in realtà fecero un passo ancora più importante: dare una nuove veste, più estrema, incisiva e d'insieme, ad elementi e contenuti che altre band ed artisti solitari avevano già prodotto e sviluppato negli anni immediatamente precedenti alla nascita dei Led Zeppelin. Questa è la prima chiave di lettura per questa band e per quello che ha rappresentato nel panorama rock nel decennio che va dal 1969 al 1979.
Parlavamo di elementi ed è giusto soffermarsi ancora un attimo, prima di entrare nel merito del disco, su questo fatto. Jimmy Page (chitarrista giovane ma ricco di inventiva, classe, personalità e metodo) riesce a combinare il blues di Clapton, i riff secchi di Beck e i riff psichedelici ed acidi di Jimmy Hendrix. Robert Plant esalta l'immagine del rocker edonista, che non predica il mal di vivere bensì il vivere male, è un angelo con un microfono ma dalla profonda carica sessuale, dotato di una grande estensione vocale, sempre pronto a fottersi la prima donna che passa per poi arrivare fino alle lacrime quando decide di lasciare la sua amata. Bonzo Boham, uno schiacciasassi dietro le pelli, un furia da domare (sia con le bacchette in mano sia senza). John Paul Jones, grande tastierista e bassista di classe, vero elemento di equilibro del gruppo.
La differenza tra i Led Zeppelin e gli altri gruppi è questa: gli elementi. I Rolling Stones avevano un grande guitar hero ed un frontman carismatico ma sono sempre stati un gruppo legato al rhythem&blues, Jimmy Hendrix aveva una classe ed una personalità troppo forti per poterle dividere in una band, gli Yardbirds (ed anche i Cream) erano un gruppo troppo legato al blues.
Ed ecco perchè con questo disco possiamo parlare tranquillamente di un nuovo genere che, se pur nella sua apparente rivoluzionarietà, non fa altro che unire ed estremizzare diverse componenti: l'hard rock.
Si parte con Good Times Bad Times. Il primo minuto è suonato come una classica band appartenente alla British Invasion: buon ritmo e ritornello orecchiabile. Ma già dopo il primo minuto e mezzo la situazione cambia drasticamente: Page piazza un assolo nervoso e tagliente al tempo spesso e tutta la canzone si snoderà tra le percussioni di Bonham e Plant che promette amore eterno (I'm gonna love you each and every day/You can feel the beat within my heart).
La seconda traccia, Bebe I'm Gonna Leave You, è già una ballata romantica (riadattamento di un pezzo scritto 20 anni prima da Anne Bredon). La canzone si divide in due parti che si alternano più volte tra loro. Si inizia con Page alla chitarra acustica che si adagia sul basso di Jones, Plant che cerca di spezzarci il cuore (Babe, Baby, baby, I'm gonna leave you. I said baby, you know I'm gonna leave you.). Ma nella seconda parte, Bonham si scatena, frustando la batteria in maniera impressionante dove Plant continua ad urlare come un ossesso alla sua amata (Baby, baby, baby.That's when it's callin' me. I said that's when it's callin' me back home).
Ho detto che i Led Zeppelin non fecero altro che unire ed estremizzare alcuni elementi già sviluppati da altre band? Bene, è il caso di You Shook Me, un pezzo scritto da Willy Dixion. Già Jeff Beck aveva realizzato una cover di questa canzone (non arrivava a durare più di 3 minuti). Ma questa è un altra storia. Un tipico un pezzo blues, con un Boham stranamente tranquillo ma preciso come un orologio, dove passano in rassegna prima la tastiera di Jones, l'armonica di Plant che si trasforma come per magia in un ipnotico interminabile assolo di un Page in stato di grazia. In tutto questo non poteva mancare la voce angelica di Plant che urla in modo isterico frasi con riferimenti sessuali abbastanza espliciti. (I have a bird that whistles/And I have birds that sing./I have a bird that whistle/And I have birds that sing).
Questi sono i Led Zeppelin, che ci piaccia oppure no, ma il fatto rimane oggettivamente innegabile.
Breve pausa. Siamo a Dazed And Confused, un pezzo scritto da Jacky Holmes già suonato nel '67 dagli Yardbirds. In questa quarta traccia si fondono blues, rock e musica psichedelica. Un pezzo oscuro, indemoniato, dove nella parte centrale Jimmy Page usa addirittura un archetto per suonare la chitarra con un Plant al limite della misoginia (Lots of people talkin', few of them know, Soul of a woman was created below).
Your Time Is Gonna Come è una ballata melodica con un leggero accento folk, dove Plant riesce a dimostrare di aver una bella voce senza dover per forza urlare. Anche Black Mountain si muove in punta di piedi, tra le soffici percussioni di Bonham e la litania acustica di Page.
Ma con Comunication Breakdown il tiro dell'album torna sui livelli iniziali e la musica non cambia di un millimetro: sezione ritmica potente, Plant isterico sempre alle prese con problemi di cuore e un Page che si destreggia tra mille riff.
La successiva I Can't Quit You Baby (anche questo di Willy Dixon) è, dopo You Shooke Me On, un'altra ballata blues. Magistrale il duetto tra la voce acuta e disperata di Plant (Yes you did babe. Ohh/Said you know I love you baby/My love for you I could never hide) e i riff lisergici e infiniti di Page.
L'album si conclude con How Many More Times (altro riadattamento, questa volta di un pezzo di Howlin' Wolf), lunga cavalcata blues di otto minuti, dove la parte centrale riprende il suono dilatato di Dazed And Confused e le percussioni potenti di Bohnam la fanno da padrone. Il finale è tutto quello che di bello ci possa essere nel rock.
Alla fine del disco ci rimangono solo due cose: il silenzio è un possente dirigibile che vola nell'aria.

Sciarpi

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MC5 - Kick Out The Jams! (1969)


Anno: 1969

Etichetta: Elektra

Tracklist:
1.Ramblin’ rose
2.Kick out the jams
3.Come together
4.Rocket reducer no.62 (rama lama fa fa fa)
5.Borderline
6.Motor city is burning
7.I want you right now
8.Starship

Gli MC5 (Motor City 5) sono stati sicuramente uno dei gruppi più influenti ed attuali di sempre, perchè con la loro miscela incendiaria di hard rock, protopunk e suoni valvolari, incarnarono più di tutti il trinomio “sex, drugs & rock n'roll” sia nell'aspetto che nelle sonorità, riuscendo a scatenare quelle reazioni a catena che tutt'oggi non si sono ancora fermate e, sperando che il dio del Rock non voglia, non si fermeranno mai. Tutta l'anima della band di Detroit è racchiusa in quell'urlo nell'apertura della title-track del disco, recitando come un inno alla ribellione e alla vita il titolo del disco live: kick out the jams!, giungendo un “motherfucker” che farà storia e che all'epoca venne censurato in tante esibizioni live. Socialmente pericolosi per l'America buonista, gli MC5 furono gli artefici di quel Detroit rock, anticipando movimenti come il punk, il garage, il noise e persino lo stoner rock: fuzz come se nevicasse, bordate devastanti, amplificatori che vomitano scariche di decibel e di musica aggressiva nonostante la loro semplicità di una band che creava canzoni e dischi con quello che c'era in circolazione, ma caricandolo di elettricità dissacrante, icoclasta e di scioccante irriverenza. Probabilmente uno dei migliori live della storia del rock, che potrebbe figurare benissimo affianco a dischi storici come Made in Japan dei Deep Purple o l'esibizione di Jimi Hendrix a Woodstock. La carica che si sente sprigionare lungo le tracce dell'album è maledettamente irresistibile, merito di un cantante dalla voce accattivante come Rob Tyner e dal groove tirato fuori dalle chitarre marce e graffianti dell'asse Kramer-Smith, la cui differenza con Ron Asheton degli Stooges è che quest'ultimo crea delle melodie più cupe e più distorte, mentre il nostro rimane affascinato dalla potenza e dalla voglia di sudare ed esibire il proprio egocentrismo in pose da macho delle sei corde. “Tirate fuori le palle, figli di puttana” è solo una delle traduzioni di un disco che si colloca tra i più importanti e tirati degli ultimi 40 anni, rimanendo il capolavoro indiscusso della band, vuoi perchè Back to the USA (1970) e High Time (1971) sono ideati e suonati in studio, mentre la jungla in cui si scatenano queste bestie dai capelli cotonati ed i pantaloni a stelle e strisce è proprio il palco, caratteristica comune di molti gruppi del periodo 1966-1976, che in sede live creavano jam lisergiche dilatando la canzone (come nel caso di Cream, Jefferson Airplane, Doors, Hawkwind, Pink Floyd), oppure aggredivano e azzannavano alla gola il pubblico (MC5, Iggy & The Stooges, led Zeppelin, Blue Cheer) o costruivano proiezioni ortognali sonore dove il barocco si poteva fondere con il gotico (come nel caso di Blue Oyster Cult o Black Sabbath), il neoclassico rinascevano ammantando la propria veste con il manto progressive e hard rock (King Crimson, Genesis o deep Purple). Insomma KOTJ è un manifesto di tutto quello che c'era e di tutto quello che ci sarà: guardate le registrazioni dell'epoca e noterete che due nomi come Omar Rodriguez Lopez e cedric Bixler Zavala hanno copiato il modo di stare sul palco del signor Tyner. Scordatevi il track by track, compratelo perchè: a) è un monumento, anzi pietra miliare come direbbero quelli di Onda Rock; b) costa intorno ai 10 € o anche di meno; c) è galvanizzante, vi risolve la giornata. Altrimenti potete pure andare a cagare e rimanere con i vostri gruppettini revival credendo che i Jet spacchino o che il garage rock sia nato nei '00.

Sgabrioz

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lunedì 6 aprile 2009

Cream - Fresh Cream (1966)


Anno: 1966

Etichetta: Polydor

Tracklist:
1. I Feel Free
2. N.S.U.
3. Sleepy Time Time
4. Dreaming
5. Sweet Wine
6. Spoonful
7. Cat's Squirrel
8. Four Until Late
9. Rollin' and Tumblin'
10. I'm So Glad
11. Toad

1966. La date è importante, se non fondamentale per capire come il Rock, nel giro di 4 anni, cambierà totalmente diventando principe ed assoluto imperatore dell'universo musicale, relegando jazz e blues al ruolo di meri subalterni. Il Rock incendia e prende fuoco, come cantava Jimi Hendrix in "Fire", lui che di fuoco se ne intendeva come un piromane della scala musicale, un firestarter degli assoli che erano incandescenti come la sua strato sul palco di Woodstock nel 1967. Nel 1966 non avevano fatto ancora la loro comparsa a livello mondiale alcuni dei maggiori esponenti del rock: Jim morrison e Manzarek stavano ancora sulla spiaggia di Venice Queen, Robert Plant cazzeggiava in Uk, Lemmy imparava ad usare il basso nei suoi Hawkwind, Blackmore studiava nuovi assoli e John Michael Osbourne diventerà presto famoso col nome di Ozzy. In quegli anni Dylan era il dominatore incontrastato, c'erano Cash e i Beatles, gli Stones e i Blues Magoos: tutta gente che aveva a che fare, chi più chi meno, con il blues. E Fresh Cream è formalmente un album di blues revival: ha la struttura, la durata delle canzoni, i pezzi e le cover di grandi bluesman. E poi ci suona Eric Clapton, che usciva da due esperienze illuminanti come quelle con Yardbyids e Bluesbreacker di John Mayall., che gli avevano fruttato il titolo di enfant prodige del blues-rock, mentre a Londra i muri erano coperti dalle scritte Eric Clapton is God. Capirete bene che ci troviamo di fronte ad un gruppo eccezionale, uno dei migliori power trio che abbiano mai deciso di deliziarci con buona musica, se non fosse per il fatto che la loro influenza sui decennni a venire è immensa, e gruppi meno famosi inizieranno già ad emularli sin dal 1968. In tutto, dal basso di Jack Bruce, una delle voci più spettacolari degli anni '60, al ritmica di Ginger Baker, il primo vero drum-hero della storia, colui che fu capace di trasformare uno stumento da smeplice accompagnatore a coprotagonista: ascoltatevi Toad, un delirio di assolo di batteria. Ci sono anche tre cover, riarrangiate e rimescolate negli assoli e nella dinamica: Four until late, del maestro dei crossroads Robert Johnson, Rollin' and tumblin' di Muddy Waters, Spoonful del bassista Willie Dixon, I'm so glad di Skip James, e la ballata tradizionale cat's squirrel. Si tratta dunque di un disco a metà tra il tributo dei grandi del blues e per metà composto da canzoni nuove, catchy, tra il blues rock e l'acid blues, che nasce proprio in quegli anni con le esibizioni dal vivo dei Cream. L'aria che si respira è una continua esclation di felicità, emozione, senso di libertà e voglia di vivere (I'm so free, N.S.U., I'm so glad, wrapping paper) nonostante vi siano anche dei brani di pure e semplice sofferenza blues, accompagnati da riff eccezionali, voci e armoniche spettacolari, una batteria posseduta come se fosse la magia negra del voodoo a prendere il controllo degli arti di baker e costringerlo a suonare la musica del diavolo. Questo è uno dei capolavori del rock, per importanza, bellezza e seminalità, non esistendo un punto in cui la qualità cali o sia minore rispetto agli altri. Undici brani, undici perle che si incastonano nell'arazzo arabesco intrecciato dal rapsodo Clapton e dal cantante Bruce. Prendetevi questo lavoro, perchè solo sentendolo capirete come, assieme a Disraeli Gears, abbia avuto la sua importanza nel rock.

Sgabrioz

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domenica 5 aprile 2009

Un intervento doveroso, per salutare due amici.


Layne Thomas Staley (Kirkland, 22 agosto 1967 - Seattle, 05 aprile 2002)



Kurt Donald Cobain (Aberdeen, 20 febbraio 1967 – Seattle, 5 aprile 1994)

Blue Cheer - Vincebus Eruptum (1968)


Anno: 1968

Etichetta: Polygram

Tracklist:
1. Summertime Blues*
2. Rock Me Baby**
3. Doctor Please
4. Out of Focus
5. Parchment Farm
6. Second Time Around

Parlare di rock duro, heavy, saturo e fuckin' loud non ha senso se non si rende il giusto omaggio, tributo e riconoscimento al power trio di San Francisco: quei tre ragazzi hanno avuto il grande merito di influenzare, molto prima di altri, l'intero panorama duro che vedremo fiorire dagli anni settanta in poi. Chiamateli proto-stoner o proto-metal, hard rock, acid rock o come più vi aggradata: fatto stà che Vincebus Eruptum è uno dei dischi più importanti della storia, sarebbe persino inutile dargli un voto perchè qua si è scritta la storia. Non vedetelo come un disco, ma come un documento che palesa il desiderio di rompere le barriere e di proseguire il lavoro intrapreso da Cream e Jimi Hendrix Experience, ma con una particolarità: elevare il volume, pompandolo verso limiti che all'epoca erano imprevedibili e considerati socialmente pericolosi. Le regole sono fatte per essere infrante: questo era il motto dei Blue Cheer, che non tollerarono mai la sigla "peace & love", tipica della cittadina californiana, pur essendo pacifisti e grandissimi consumatori di droghe leggere e pesanti. L'attacco di "summertime blues" è quanto di più cattivo, possente, ermetico ed impenetrabile possiate sentire nella fine dei '60: acido, devastante, spigoloso, destrutturato e pushato verso lidi sonori da cui non si può evadere, a meno che tu non ti chiami Papillon. Le sfuriate psicotrope, mischiavano il vecchio blues sul binario Clapton-Hendrix, prendevano la psichedelia e la imbottivano dii steroidi sotto forma di riff grassi e saturi, il tutto con uno spirito garage-protopunk come vedremo meglio nella scuola di Detroit. Rock Me Baby è la seconda revisistazione di un grande classico del blues americano, ma annichilendo ogni traccia della sofferenza iniziale, scegliendo la catarsi attraverso il pharmakon della distorsione e del feedback. Doctor Please è una canzone sull'uso delle droghe, concetto e universo esplorato dai Cheer in maniera completamente opposta a band dell'epoca come i Velvet Underground o i Jefferson Airplane. La vibrazione si fa costante, surclassando ogni tentativo di resistenza, concentrando nella forma canzone tutti gli effetti derivati dall'applicazione di dosi massicce di droghe sopra un brano che nasce blues ma si trasforma in un mostro mitologico e spaventoso, come il Leviatano. Out of Focus è la Magna Charta del suono appesantito e manipolato dagli effetti, carico del virus dell'hard rock e del metal alternando la grande prova canora del bassista Dan Patterson a ritmi serrati, creati dal batterista Paul Whaley, mentre le scorribande sonore della chitarra di Leigh Stephens compiono razzie e risultano dannose come uno sciame di locuste nelle fertili campagne africane. Parchment Farm e Second Time Around scolpiscono il nome del trio magico nei monumenti granitici della storia del rock, forti di una azzeccatissima combinazione di potenza, riff fulminanti, distorsioni strabordanti perchè il lavoro splendido di ogni singolo musicista è perfettamemente calibrato. Questa è la Bibbia del Rock. Non si sfugge.

[*originale di Eddie Cochran]
[** originale di B.B. King]

Sgabrioz

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