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lunedì 1 dicembre 2008

Tomahawk - Mit Gas (2003)

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Anno: 2003

Etichetta: Ipecac recordings


Tracklist:
01. Bird Song
02. Rape this day
03. You can’t win
04. Mayday
05. Rotgut
06. Captain Midnight
07. Desatre natural
08. When the stars began to fall
09. Harelip
10. Harlem Clown
11. Aktion F1- 413


A distanza di due anni dall’ esordio, durante il quale ogni singolo membro dei Tomahawk si dedica ai diversi progetti, esce “Mit gas”(che tradotto dal tedesco, significa “con gas”, riferendosi all’ acqua frizzante, nda). È cambiato il produttore (Joe Barresi) e di conseguenza muta anche il tipo di sound offerto. Attenzione non stò dicendo che i due lavori sono diversi come il giorno e la notte! La ricetta di base non cambia, ma vengono aggiunte nuove sfumature che rendono il disco molto più godibile del primo per via della sua maturità compositiva. Più sofisticato, propone una gamma di generi/melodie più spettacolari per completezza e varietà: se nel primo, l’ atmosfera era molto più “caotica” ed “opprimente”, qui alterna fasi di intimità a esaltazione pura e sfrenate invettive sonore. Ma procediamo ab originis. “Bird Song”, ossia il cinguettio degli uccellini non è assolutamente un presagio del topos che troveremo per tutta la durata di Mit gas: chitarra camuffata da sirene in lontana (come se fosse convocata un’ adunanza), una batteria che ha un che di trip hop accelerato, un giro di basso che si fonde con le sei corde di denison che richiamano le sonorità heavy contorte di alcune band di inizio millennio (Isis, Tool, Mastodon, ad esempio). La voce è prolungata ed instancabile nel tenere la nota, preferendo la progressiva sfocatura, il che rende tutto molto più epico. “Rape this day” è il singolo estratto dal cd, molto rock -nella sua concezione purista degli anni ’90, inizia con una corsa accompagnata da quello che sembrerebbe un organo, ma in realtà si tratta della strumentazione di Patton. Grande riff, ripetuti ad libitum e Stainer che pesta saltuariamente, imitando il rumore del lampo. Pezzo coinvolgente nella sua fase centrale. “You can’t win” ricorda “What a Day” dei faith no more, intervallata da parti placide e parti travolgenti, poi la quiete. Ci catapulta nel nostro inconscio, dove l’ attrezzatura e gli effetti del leader dei fantômas risuonano come goccie lasciate cadere da un rubinetto che perde. Solo l’ apreggio, sfocato e poco nitido, in lontanazza ci salva. “Mayday”: batteria che suona in 4/4, chitarra iperdistorta con abbondante uso della pedalina, mentre il ritornello è catchy e Mayday viene urlato con un acuto heavy metal finale. E’ il turno diRotgut, una spirale che , dolcemente sostenuta dagli accordi, ci accompagna in un viaggio a ritroso. “Captain midnight” è forse la migliore traccia, non solo dell’ intero album, ma della produzione del gruppo. Quel “take me away”, invito che risuona all’ infinito, rende ancora più incantevole la canzone. “Desastre natural”, nonostante il titolo, è il pezzo più calmo del disco, in cui il testo in spagnolo rivela l’ anima gitana e raffinata come il velluto. Emozionante. “When the stars began to falls” è un’altra canzone incredibilmente rock, che offre un grandissimo distacco tra strofa e chorus, in un climax in cui Denison toglie fuori le unghie e Stainer massacra le pelli. “Harelip”, è un brano vacanziero, fluido, brioso in cui la distorsione non aliena, ma coinvolge. “Harlem clown” è la strumentale di turno, inizia come un disco rotto, ma è in realtà l’ allegoria della sperimentazione con richiami allo space rock, elettronica, e i primi 20 secondi di Astronomy Domine dei Pink Floyd. Ultima traccia “Aktion F1 – 413, in cui la voce racconta, intervallata poi dal canto, sulla base di una chitarra acustica che rimanda al deserto americano, in cui di notte il fuoco si agita sferzato dal vento. Ma tutto muto ed è un uragano apocalittico di suoni lisergici, distorti e contorti Poi la quiete dopo la tempesta . Pericolo passato, e come canta Mike in “captain Midnight”, “Don’t be afraid.”.


Sgabrioz

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