Creative Commons License
Rock e Dintorni by Rock e Dintorni is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: Tomahawk - Anonymous (2007)

martedì 2 dicembre 2008

Tomahawk - Anonymous (2007)



Anno: 2007

Etichetta: Ipecac recordings

Tracklist:
1. War Song
2. Mescal Rite 1
3. Ghost Dancer
4. Red Fox
5. Cradle Song
6. Antelope Ceremony
7. Song Of Victory
8. Omaha Dance
9. Sun Dance
10. Mescal Rite 2
11. Totem
12. Crow Dance
13. Long, Long Weary Day

Line-up:

Mike Patton - voce, samples, keys,
Duane Denison - chitarra, basso
John Stainer - batteria

La chiave l'avevan riposta verso il termine di Mit Gas, due tracce atipiche persino per una band così imprevedibile, episodi sconnessi che diventan catena ai primi cori tonanti di questo percorso. Avete circa due minuti per penetrare nel cuore di un villaggio di capanne , prima che la terra sazi la sua sete con la pioggia di “
War Song” , in pieno stile new age/ambient. Che il Pow-wow abbia inizio . Non è un esagerazione, i componenti per la rappresentazione , musicalmente , ci son tutti. E il sound della band sembra sposarsi perfettamente con l'attitudine della musica dei nativi d'america. Il mantra ossessivo di una strofa, il riff essenziale, il cantato statico tendente all'aumento dell'ottava a lungo andare. La tradizione diventa un comodo vestito per il consueto duo. Senza però tralasciare la performance eccezionale di John Stanier , grande interprete dietro alle percussioni , perfettamente utilizzate , da rimandare proprio indietro coi secoli. Basti pensare all'ottimo intermezzo di “ Ghost Dance” , legato all' handclapping , componendo una struttura eccezionale , evolvendosi quasi in una marcia. Meno assalti HC ( nonostante la presenza di “Sun Dance” , in schema classico da primo disco , confermi che i nostri, certe escursioni son ancora benissimo capaci di attuarne ) più mantra atmosferico. Un disco da ascoltare nella sua interezza, facendo riposare i tasti del lettore, godendosi un fascino morbosamente nervoso ancora intatto ( “ Red Fox” ) e scampoli di sempre brillante demenzialità. “Antelope Ceremony” poggiata tutta come fosse una jam session, per poi dare spazio ad un tappeto syntato di voci e rumori naturistici ove far scorrere l'immaginazione. Aleggiano i fantasmi in cerchio , a fluttuare su un antico totem, le voci sinistre in “Cradle Song”, tra le tastiere del vocalist californiano ( interprete carismatico di un semispoken su base minimalista , vagamente rimembrante di “Subway song” dei The Cure, con tanto di latrato e una nonfine...) e il basso . Lo spartiacque del disco è “ Song of Victory” , breve come può essere sottile una linea di confine , goliardica quanto un frammento di specchio mentre un pagliaccio ci si guarda attraverso ( ... ) , una sorta di breve cavalcata con tanto di zoccoli simulati dalla ritmica e dagli incitamenti di Mike. Interprete di linee melodiche davvero efficaci, memorabile il Climax di “ Omaha Dance” e la litania in “Crow Dance” , attorniato da controcanti . Aggiunge così un altro prezioso tassello al suo background musicale già vastissimo. E ascoltando “ Long, Long Weary Day” , con Denison in salsa folk minimalista, si può tranquillamente affermare che non è l'unico a potersene fregiare. Un azzardo che dividerà sicuramente i fans , ma nonostante ciò, va ricordato quanto detto in apertura, e quanto la successione dei brani rispetti benissimo la radice della band, una sorta di coda che abbraccia la testa della discografia creando un percorso ora certamente più comprensibile e chiaro,. Dedicato a chi si era stufato di leggere Jesus Lizard in ogni santissima recensione osservata, o a chi pensava che i tributi di tal tipologia musicale li sapesse far solo Peter Kater o la musica Indios fosse quella inclusa nei cd dei mercatini :tra collane della fortuna e magliette con aquile, riproponendo vecchi classici Europei con i flauti del mulinobianco . Perchè Anonymous mente
.

Gidan Razorblade

Nessun commento: