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giovedì 4 dicembre 2008

Taproot - Gift (2000)

Anno: 2000

Etichetta: Atlantic

Tracklist:
1. "Smile" – 3:33
2. "Again and Again" – 3:56
3. "Emotional Times" – 3:04
4. "Now" – 3:23
5. "1 Nite Stand" – 3:40
6. "Believed" – 4:02
7. "Mentobe" – 3:38
8. "I" – 4:14
9. "Mirror's Reflection" – 3:11
10. "Dragged Down" – 3:31
11. "Comeback" – 4:24
12. "Impact" – 2:47

Line-up:
Stephen Richards – Vocals, Guitar
Mike DeWolf – Guitar
Phil Lipscomb – Bass
Jarrod Montague - Drums


…just need some time to myself, again, need to bring back the old days when I was in control of my life, again and again. I Taproot sono per molti una band di culto, nulla di più. Nati e cresciuti in piena era nu-metal portano il vessillo di una generazione di giovani cresciuta all’ombra del non-mito del sogno americano infranto. Famiglie distrutte, incomprensione, alienazione e una musica nuova e violenta utile per esorcizzare i propri demoni personali ma che li costringerà a vivere sempre nella scia delle band capostipite senza la possibilità di affrancarvisi. Gift rappresenta tutto questo.
La band originaria del Michigan, riprendendo e rielaborando alcuni pezzi presenti sui loro primi EP, uniti ad altri nuovi di zecca, confeziona un esordio sulla lunga distanza che è probabilmente il miglior lavoro di una band nu-metal non di punta. Le influenze dei Taproot sono evidenti: i muri granitici innalzati dai Korn, le esplosioni di furia dei Deftones, i passaggi cervellotici dei Tool e la genuina decadenza dei primi Staind. Altrettanto evidente è la classe con cui la band riesce a rielaborare l’operato di questi gruppi, tirando fuori una miscela del tutto personale. Dall’enorme calderone di Gift fuoriesce un mix musicale che, abbandonando la facile tamarraggine di molte formazioni contemporanee ai Taproot, ha nell’emotività, nell’introspezione e nello stimolo a riflettere i suoi punti di forza. La matrice rap-metal viene contaminata dai tempi ipnotici dettati dalla sezione ritmica e dai riff circolari della chitarra, sfociando sovente nelle eruzioni vocali di uno Stephen Richards vero mattatore del disco. Il suo approccio vocale infatti si adatta alla perfezione a questo tipo di suono risultando ossessivo come pochi nei passaggi più liquidi e pacati riuscendo però a mutare in pochi istanti in una furia assassina quando il clima si fa rovente. Passiamo così dalle deflagrazioni dal retrogusto hardcore dell’opener Smile e di Mirror’s Reflection, roba da far concorrenza ai Deftones di Around The Fur, ai momenti di violenza cerebrale di 1 Nite Stand, Believed e Mentobe. In mezzo c’è tutto e il contrario di tutto: l’introspezione pura di I e i primi vagiti dell’emocore che verrà di Dragged Down, l’altalenante Comeback e gli assalti di Impact e Now. Su tutte svetta l’inno generazionale Again&Again, il manifesto dell’alienazione giovanile di inizio millennio, dell’incapacità dei singoli di capire loro stessi prima di tutto e chi gli sta intorno in seconda battuta.
Si può dire che Gift sia un po’ il simbolo di quei validi gruppi che, sommersi nell’enorme oceano numetal, sono passati immeritatamente inosservati ai non appassionati. Un album non per tutti forse, a cui come ad ogni lavoro di valore va data la possibilità di aprirsi e mostrare tutte le sue sfaccettature. Solo concedendogli il giusto tempo riuscirete a guardare in quello che i Taproot hanno voluto mostrarvi, e forse riuscirete a guardare meglio anche in voi stessi.

Alessandro Sacchi =KG=

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