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Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: The Get Up Kids - Something To Write Home About (1999)

venerdì 23 gennaio 2009

The Get Up Kids - Something To Write Home About (1999)


Anno: 1999

Etichetta: Vagrant Receords

Tracklist:
1. Holiday
2. Action & Action
3. Valentine
4. Red Letter Day
5. Out Of Reach
6. Ten Minutes
7. The Company Dime
8. My Apology
9. I'm A Loner Dottie, A Rebel
10. Long Goodnight
11. Close To Home
12. I'll Catch You

What became of everyone I used to know? Where did our respectable convintions go?

Una cameretta calda e accogliente, una bella giornata primaverile fuori e un po’ di malinconia dentro, ecco il clima ideale per l’ascolto di questo disco.

Nel 1997 i Get Up Kids irrompono nel panorama del rock collegiale americano con lo strabordante power-pop-punk di Four Minute Mile. Subito i più svegli intuiscono che i ragazzini originari di Kansas City nascondono qualcosa: l’irruenza e la genuinità di quell’album sono troppo evidenti per passare inosservate.

Nel 1999 finalmente Matt Pryor e soci escono allo scoperto con un lavoro che nel suo piccolo diventerà epocale. Something To Write Home About è il punto di approdo di una lunga rincorsa iniziata nella magica estate del 1985, la Revolution Summer, con la nascita di band come gli Embrace, sviluppatasi lungo gli anni con i lavori di Texas Is The Reason, Sunny Day Real Estate e Jawbreaker, abbellita dal pop di Smiths e Cure e rinvigorita dall’indie rock di Replacements e Built To Spill. In una parola sola: emo. A quasi 15 anni di distanza da quando ne sono stati gettati i primi semi il termine viene istituzionalizzato segnandone in maniera evidente i tratti distintivi. Qua non stiamo parlando né di frange né di eyeliner, ma di quattro nerd che, tra una lacrimuccia per la morosa che li ha appena abbandonati e un compito in classe di chimica, trovano il tempo di mischiare assieme l’irruenza del punk più genuino con la stilosità del pop anni ’80 filtrando il risultato con gli occhi innocenti di un adolescente in piena esplosione ormonale venendo infine a delineare un nuovo tipo di musica alternativa (almeno ai tempi).

Ascoltare Something To Write Home About vuol dire prendere in mano il proprio cuore e lasciarsi trasportare attraverso i bozzetti che i Get Up Kids riescono a disegnare con la stessa immediata semplicità con cui nasce un sorriso, spontaneo e raggiante. E’ facile lasciarsi investire dall’immediatezza di Holiday o Ten Minutes, in equilibrio instabile fra la sfrontatezza punkeggiante delle strofe e l’impetuosità pop dei ritornelli, come fermarsi ad apprezzare con orecchie sbalordite il folk-pop di Out Of Reach e l’attacco indimenticabile di My Apology. Il rock che scorre in questi solchi è di quelli genuini, suonato con tanta sincerità e trasporto da far commuovere. E a questo ci pensano le tastiere che qua a là fanno capolino fra un riff più distorto e una strofa più tirata, intrecciandosi con maestria alla voce stridente di Matt Pryor. In questo turbinio di emozioni si è costretti a immergersi nel flusso dei ricordi che scorre dolcemente al ritmo delle varie Action&Action e I’m A Loner Dottie, A Rebel. Giornate passate in maniera spensierata, aria fresca inspirata a pieni polmoni e storie di amori innocenti sbocciati in un battito di ciglio e sfioriti con la stessa velocità. Racconti di rapporti interpersonali chiusi per sempre, come narrato in Red Letter Day, e di piccoli grandi tradimenti. Neanche il tempo di abituarsi a questa corrente continua che l’incalzante Close To Home sfocia nel romanticismo piano-voce di I’ll Catch You, la madre di tutte le emo ballad. E noi siamo lì, nella nostra cameretta, con gli occhi lucidi pensando a quel fiore sbocciato forse troppo presto, nel momento sbagliato...ma ora è già tardi. Una voce in sottofondo: no need for reminding…you’re still all that matters to me.

Something To Write Home About è così, vola via in un soffio, ma se ascoltato nella maniera giusta lascia un segno profondo. Come profondo è il segno lasciato nella musica della decade successiva alla sua pubblicazione. Rimane ad oggi la testimonianza più vera e tangibile (al pari di quella di Clarity -Jimmy Eat World- e Emotion Is Dead -Juliana Theory-) di cosa fosse realmente l’emo: uno stile musicale che, fiorito in tutta la sua innocente bellezza si è spento ancor prima di essere stato assaporato fino in fondo, lasciando alla massa di ascoltatori distratti di oggi solo i petali appassiti. Rimane però la possibilità di riassaporare questi e chissà quanti ricordi perdendosi fra le note di queste fragili canzoni. A voi il piacere di farlo.

Alessandro Sacchi =KG=

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