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sabato 13 dicembre 2008

Death - Symbolic


Etichetta: Roadrunner
Anno: 1995

Line Up:
Chuck Schuldiner: Guitar, Vocals
Kelly Conlon: Bass
Bobby Koelble: Guitar
Gene Hoglan: Drums

Tracklist:
1.Symbolic
2.Zero Tolerance
3.Empty Words
4.Sacred Serenity
5.1,000 Eyes
6.Without Judgement
7.Crystal Mountain
8.Misanthrope
9.Perennial Quest

"...is a song about life...and is called The Symbolic...".
Un disco che parla della vita, un disco, che per il sottoscritto, è, la sua vita. Ritrovo me stesso ogni qualvolta rileggo le liriche di questo meraviglioso album. Un cosiddetto -evergreen- che non deve assolutamente mancare nella collezione di ogni amante della buona musica.
Era il 1995 quando uscì "Symbolic": utile sottolineare come, ancora per una volta, Chuck stravolse l'intero mondo del metal. Stavolta il grande chitarrista era affiancato da Bobby Koelble (ora nei Junkie Rush) e dall'ex-Monstrosity Kelly Conlon (ha suonato in "Millennium").
Sinceramente, ci fosse stato Steve DiGiorgio al basso sarebbe stato qualcosa più che un capolavoro. Non ho mai capito il perchè della scelta caduta su Bobby, forse per far conoscere le sue capacità a tutti, dato che faceva parte ancora dell'underground. Alla batteria, lui, Gene Hoglan, una bestia, sempre più tecnico, preciso e veloce. Il giro di chitarra della title-track, così come le parole, hanno fatto la storia. Stavolta il simbolismo (appunto!) viene espasperato fino all'inverosimile, incastrato sapientemente nelle musiche aperte mai quanto ora alla melodia più fresca.
"...Rivivo il dono di preziosi ricordi, nel bisogno di un dilemma chiamato innocenza..." è una frase che fa pensare non poco. Forse è un concetto che si getta interamente nel passato di Chuck (la morte del fratello?) o forse ancora, vuole far rivivere semplicemente i suoi ricordi. Fatto sta, che il disco è una continua rappresentazione simbolica, e tante volte, questi simboli sparsi nell'album non riescono ad essere interpretati pienamente.
Nella religione di oggi, secondo Schuldiner non c'è tolleranza. Nella prima parte della seconda traccia, queste parole lo sottolineano molto bene:
"...Facendo cattivo uso di una porzione di luce,
Mentre altri stanno dormendo e alcuni stanno fuggendo
Un serpente vomita un'immaginazione:
Blasfemia ingiustificata..."
Strofe molto pesanti, che mettono in LUCE, le radici molto spesso discutibili del mondo religioso.
"...Ci sarà tolleranza zero per il creatore di beate intenzioni
Ci sarà tolleranza zero: il destino è il tuo Dio che decide
Il Karma decade...".
La batteria di Hoglan sembra pestare proprio su queste persone con poca dignità, ed accompagna con sapiente forza, il cantato di Chuck: è un ritmo insolito. Sempre molto "pacato", ragionato, quadrato: "Individual Thought Patterns" era infuocato nel suo incedere, così come i precedenti dischi (soprattutto "Human") ma questo "Symbolic", è a metà strada tra l'eterea melodia, la tecnica sopraffina, e la brutalità tinta di bianco. Il secondo solo è ad opera di Koelble: diamine che lavoraccio! Chuck ci mette il suo, come sempre, ma Bobby entra nella trama intricatissima con un assolo più catchy.
E po il finale indimenticabile "Questo non è un gioco da perdere o vincere: lascia che giustizia sia fatta". Gli arpeggi sono fantastici, sembrano rappresentare la parte più malinconica del nostro chitarrista, mentre i riff più heavy, l'ego nascosto, quello che, come in ogni lavoro dei Death, si cala nelle vesti di un personaggio per raccontare una realtà non sempre manifestata totalmente.
Le promesse vuote sono quelle non mantenute, quelle che la gente getta nelle braccia del vento, per essere dimenticate in poco tempo:
Lacerando lo spirito: le promesse sono un potenziale da danneggiare
"...Qualcosa è reale? Quando per sempre deve essere fin nel profondo, nel mondo di parole vuote...
Nessuna fuga da quelle ossessionanti parole vuote...lo senti mai?
Un desiderio che è così forte da essere ritrovato attraverso i pensieri
Speranze che brillavano attraverso il dubbio che presto avrebbe voluto cambiare nel prezzo..."
Un arpeggio languido, oscuro, premonitore. Lontane percussioni che si dileguano nello spazio, e la cascata di riff che ti cadono come schiaffi che impartiscono severe lezioni senza tempo. Belli gli assoli, si intrecciano disegnando lo stesso percorso che sembra guidare i due protagonisti della cover del disco. I titoli affondano il proprio significato nell'artwork, dove possiamo notare la presenza della montagna di cristallo, così come dell'occhio (la quinta canzone) o della -possibile- sacra serenità che permea nel luogo.
Già, la serenità:
"...La serenità sa che è salva dalla distruzione del tempo
Forse possiamo fare un passo indietro e scoprire cosa ci conduce ad attaccare..."
Un'entità che non sparirà mai, un'entità forse nascosta in un posto lontano dal mondo, diverso da questi chilometri e chilometri unti soltanto di corruzione. Un possente lavoro alla batteria costituisce i primi secondi della canzone: introdotta una parte solista niente male, molto classica. Il pezzo lascia senza fiato nel finale, e lascia spazio alla bellissima "1000 Eyes". Un tiro thrash personalizzato a dovere dal ritornello, impossibile da non ricordare.
"...Privacy ed intimità come la conosciamo noi saranno solo un ricordo
Tra i molti da dimenticare per quelli che non hanno mai saputo
Vivere nella pupilla di 1000 occhi: ora veniamo schiavizzati..."
Sembra (a mio avviso) un dipinto dell'era moderna, quasi a voler ricalcare ciò che già Orwell aveva detto. Avvelenati come non mai i secondi da solista, che gettano di nuovo senza pietà, i ritmi veloci e thrasheggianti delle ritmiche della coppia Conlon/Schuldiner. "Symbolic" prosegue così, tra composizioni infiammate come "Misanthrope". Chuck in un'intervista affermò che il pezzo parlava della possibilità della specie umana di poter vivere fuori dalla Terra. Una natura misantropica che ben si esprime in queste righe:
"...Dall'alto e intorno, si collezionano osservazioni
Si acquista conoscenza da curiose forme di vita
Che possono portare speranza dall'aldilà..."
Veniamo al fiore all'occhiello. Emozioni allo stato pure in "Crystal Mountain", la metafora contro la religione, la montagna costruita su bugie ed inganni (lo dice anche nel LIVE IN L.A.)
"...Intrecciando i tuoi occhi per percepire tutto ciò che vuoi
Per imparare dall'ignoranza, infliggendo ferite con il tuo coltello rivoltato..."
Il viaggio finisce con la ricerca del significato della PROPRIO, vita. Attraverso un viaggio infinito, fatto di pericoli e di mistero.
Il pezzo è sicuramente uno dei più variegati dell'intero disco, così come è uno dei più lunghi (ben otto minuti). Un inizio monolitico, tempi emozionanti che si bruciano nell'aria, echi strazianti, ed un cambio di tempo tutto in quinta, arricchito dallo screaming "A hunger that will not go away!!!!!!!!!!". Finale acustico da brividi, e le sue parole che ancora ci pesano, ma ci fanno compagnia:
"...Il viaggio inizia con curiosità ed evolve in sentite domande sulle pietre su cui noi camminiamo
E scegliamo di fare il nostro percorso a volte senza mai sapere, altre volte sapendo troppo
Evitando il male che ci trattiene..."
C'è chi lo critica e chi lo rinnega, c'è chi lo adora e lo canta e suona a memoria: un disco che divide generazioni, ma è inevitabile: è il capolavoro degli anni '90. Un'altro dei tanti.
Grazie Chuck...

Davide Montoro

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