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Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: Control Denied - The Fragile Art Of Existence (1999)

domenica 14 dicembre 2008

Control Denied - The Fragile Art Of Existence (1999)



Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 1999

Line Up:
Tim Aymar - Vocals
Chuck Schuldiner - Guitar
Shannon Hamm - Guitar
Steve DiGiorgio - Bass
Richard Christy - Drums

Tracklist:
1) Consumed
2) Breaking The Broken
3) Expect The Unexpected
4) What If...?
5) When The Link Becomes Missing
6) Believe
7) Cut Down
8) The Fragile Art Of Existence

Dopo questi capolavori, Chuck scrive gli ultimi suoi cinquanta minuti di musica. L'epitaffio di un grande artista, un disco che musicalmente sembra semplice (certo, rispetto i Death, ma stiamo scherzando!), ma che ascoltato attentamente svariate volte porta a chiederti tante cose, soprattutto se quest'ultime, sono rappresentate dai testi.
Formazione di tutto rispetto come sempre per Chuck, sono più o meno, compagni che gli sono stati vicino durante l'avventura coi Death. E sembra quasi strano (a questo punto ecco il mio primo "quesito") chiedersi se sia una coincidenza o cosa, che proprio con il suo vero e proprio ultimo disco, Chuck, abbia scelto gente pescata da vecchie formazioni della sua band.
Strano il destino, a volte...
Steve DiGiorgio al basso (Breaking The Broken!), Shannon Hamm alla chitarra, Richard Christy alla batteria e Tim Aymar alla voce. Avevo molti dubbi su questo cantante all'inizio, ma col passare del tempo (e ce n'è voluto!) l'ho cominciato ad apprezzare appieno: oggi posso dire che anche questo "The Fragile Art" è un'altra gemma, e di conseguenza affermare che Chuck non ne ha sbagliata una.
Tim proviene da un background differente, si sempre metal, ma appartenente ad una realtà più underground, e forse anche il fatto di rischiare per Chuck rappresentava una sfida, e avrebbe dato più forza alla band intera.
Il risultato è un'ora di musica che rasenta la poesia, ascoltare il break melodico nella titletrack oggi, mi fa ancora emozionare come un bimbo; la cosa che più mi fa venire i brividi, e sentire un nodo in gola, sono quelle chitarre che dapprima sembrano come spariscano nel vuoto, poi si incontrano nuovamente, pronte a sposarsi per l'eternità, come in un illegale ma sincero patto di sangue. E sembra tutto fottutamente strano...
Le liriche suggellano stati emotivi contrastanti, "Consumed" è lacerante, quasi disorienta, con un forte richiamo a "The Philosopher" (Do you feel the pain that I feel? The pain that lives inside), più una leggera vena misteriosa che, per quanto mi riguarda, ancora devo capire bene, e mi riferisco a "Every time it is the same three words, every time the number speaks". Bella composizione, fresca e potente, con chitarre ampie e mai troppo presenti, come del resto in tutto l'album, si mantengono sempre su un suono leggero.
"Breaking The Broken" è un assalto thrasheggiante carico di potenza heavy classica, anche qui ricamata da orpelli (in senso figurativo eh!) chitarristici quasi umani, molto sentiti (mi riferisco quasi sempre al minuto 3:02. Anche testualmente fa la sua stupenda figura, dato che vuole quasi rappresentare una vendetta verso una persona che si è dimostrata falsa e cattiva (In beauty the evil is waiting for possession).
Poi ragazzi, non so che dirvi, il terzo pezzo, "Expect The Unexpected" si racconta da solo: l'inaspettato della vita, quell'entità che può darci fastidio e ostacolarci così come agevolare il nostro vissuto. E anche qui, dannazione, mi viene da pensare a ciò che poi è successo a Schuldiner ... mah ...

And when life seems to be complete it comes and knocks us off our feet
The element of surprise: the avengeful attack
Straight on your back it will send you into a state of deja-vu
Here it comes one more time showing its ugly face

La struttura del pezzo riassume tutta la genialità degli artisti presenti: le chitarre apocalittiche, il basso che vuole spingerti nel vuoto (A silent voice), ma prima ti passa alla tortura (gli assoli, dio santo!); ed infine l'attacco finale (The avengeful attack)
Quando proseguiamo con l'ascolto, ci sarà disorientamento, una traccia come "What If...?" non può far così male nonostante sia così dolce e pacata (!); un pezzo che mette in mostra (per piccole cose che adoro personalmente) le doti di Richard Christy, così come "Believe" che in alcuni punti mi ha ricordato delle cose dei Death sia da "The Sound Of Perseverance" che da "Symbolic".

C'è qualcosa di amaro in questo disco: degli occhi sospesi nel nero, delle braccia che cercano la via d'uscita, magari per vendicarsi di un destino ingiusto, e d'altronde come dargli torto?

Do you believe what some might say can't be could be reality
Let seven be the one for me; six chapters of life laced with mystery...
Awaiting discovery

Davide Montoro

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