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giovedì 2 aprile 2009

Black Sabbath - Sabbath Bloody Sabbath (1973)


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Anno: 1973

Etichetta: Sanctuary

Tracklist:
Sabbath Bloody Sabbath
A National Acrobat
Sabba Kadabra
Killing Yourself To Live
Who Are You
Looking For Today
Spiral Architect

Il senso della vita, la morte
Un uomo straziato e tormentato nel suo letto, attanagliato da demoni spaventosi, si dimena, prova a difendersi, ma è stritolato dalla morsa di un serpente, soffoca. Su di lui incombe una presenza malvagia che sembra risucchiarlo. Questa è la copertina, e questo è il senso del disco: il tormento, la lotta tra bene e male, il lavoro interiore. The end begins to show, recita la traccia che epre da titolo al disco. I cancelli della vita sono chiusi su di te, e non c'è ritorno, quindi l'idea dell'ineluttabilità della morte, che è il senso ultimo del perchè del genere doom e dei Black Sabbath, e infine il passo più significativo di tutti: speri che le mani del destino possano portare via la tua mente e non ti interessa se non vedrai ancora la luce del giorno. Così tornano le Hands Of Doom a rapire la mente, portarla lontano, farla diventare padrona della realtà, anche se il prezzo è non vedere più la luce del giorno, come si ribadirà poi in seguito con Killing Yourself To Live, che però non è banalmente una sorta di manifesto musicale al suicidio, ma una aspra critica al suicidio quotidiano tra falsità (qua si ricorre alla metafora dei colori, e la metafora del su e giù) e sacrificio, per poter scendere costantemente a compromessi, anche a costo di annullarsi. Morire, anzi, prendere coscienza della morte quotidiana, e dell'inevitabilità della morte, diventa il senso della vita.

La svolta definitiva e l'ultimo grande successo
Sabbath Bloody Sabbath è l'album di una band calata nei tempi, che sa sfruttare le tecnologie a sua disposizione, che non segue le mode ma non se ne frega del tempo che passa e dei gusti che cambiano e soprattutto, non vuole mai ripiegare su forme già usate nei dischi precedenti. L'album viene fuori da una lunga stagione di blocco creativo che aveva immobilizzato sul letto la band, vuoi per le mille dipendenze da alcol e altre sostanze (l'esperienza di Geezer fu la più dolorosa, visto che fu ricoverato, e quel letto della copertina inizia ad assumere un senso molto più concreto), vuoi perchè la scossa vincente doveva ancora arrivare, e questa fu data dal memorabile riff di Sabbath Bloody Sabbath. I Black Sabbath si salvarono dallo strangolamento dell'inattività e ripartirono da dove avevano smesso, per preparare il loro album che corona il periodo classico della band.
Con il quarto volume, e ancora di più con questo Sabbath Bloody Sabbath appare sempre più palese quanto Master Of Reality fosse stato solo un episodio isolato, e che i Black Sabbath (Tony Iommi) erano interessati a una formula sempre più orientata al progressive, coltivando tra l'altro quei "semi" di progressive presenti già in Paranoid, ora sviluppati con maggiore voglia di sperimentare e con aspirazioni anche melodiche completamente inedite, molto più chiare che nel quarto volume, e soprattutto ancora più concrete e "perfette": soli 8 brani, nesun riempitivo ne introduzioni, intermezzi o altro, 8 pezzi secchi secchi, tutti compiuti e tutti assolutamente necessari, tant'è che se ce ne fosse uno in meno cadrebbe tutta la fine architettura di questi Black Sabbath. Questi Black Sabbath, è bene dirlo, non li ritroveremo più, perchè così non suoneranno mai più, e perchè la maggior parte del pubblico si fermerà qua ad ascoltarli e non si spingerà oltre. Sabbath Bloody Sabbath fu il loro ultimo grande successo commerciale, secondo solo alla prima triade a livello di vendite, pur essendo un disco solo per una metà più accessibile e levigato, e per un'altra metà del tutto diverso da quello che un fan si poteva aspettare.

Le ambizioni progressive di Tony Iommi
Sabbath Bloody Sabbath può avere due chiavi di lettura, la prima è quella del disco prog. Da prendere con le pinze, perchè non è prog fino infondo, ma è più che altro il segno dell'aspirazione prog dei Black Sabbath, ossia di Tony Iommi. E non è di poco conto questa precisazione, perchè anche questa maggiore spinta verso questo sound è segno che le redini della band le stava prendendo il baffuto chitarrista, inventore del sound sabbathiano, dei riffs tra i più memorabili della storia, ispiratore dell'heavy metal, doom e tutto l'hard rock a venire, e ora fautore di un tentativo di reinventare innanzitutto se stesso, vuoi perchè nel disco si propone anche al piano e tutto quello che capitava sotto mano, vuoi perchè sembra suonare diverse chitarre e non una sola come in passato. Master Of Reality era un capolavoro di intransigenza e musica monolitica, Sabbath Bloody Sabbath, la sua antitesi, è una grande prova di uno Iommi vario e che da tozzo diventa estremamente melodico, vario, sia in veste elettrica, sia in veste acusica, e non solo per utilizzare l'acustica come riempitivo, ma capace di intrecciare strutture complesse, ora barocche ora semplicemente arrangiate alla grande, tutt'altra storia rispetto al passato, tutt'altro chitarrista, che ora viene fuori con tutte le sue lune e i suoi contrasti, ma pure con gli inevitabili contrasti col resto della band, per ora perfettamente composti e sintetizzati nel disco.
Sempre in base a questa prima lettura, possiamo individuare quattro pezzi di una eleganza mai vista dei Black Sabbath, quattro raffinatissime composizioni finemente curate, e sviluppate sia nei riffs granitici come sempre (come nel cupissimo rallentamento nel bridge), ma anche spalmate su melodie d'ampio respiro, leggere, cangianti ed eteree, come in Sabbath Bloody Sabbath, che già col titolo richiama l'attualità (bloody sunday) pur proponendo un testo intimista e dai contenuti ricchissimi, il vero emblema della nuova formula, sempre stridente, con tanto di basso fuzz di Geezer che tuona e spruzza una sorta di inchiostro di china nero sullo sfondo sul quale si muove una scena rinnovata, più fresca che in passato, dove Ozzy sembra finalmente più umano più musicale, e Iommi stende sull'intelaiatura percussionistica di Bill Ward un moto ascendente nel finale, simbolo della vita che prende il volo. Il volo della vita, dalla cellula embrionale al futuro, è proprio l'immagine di panico sublime che si ha con A National Acrobat , e qua lo slancio è ancora più esplicito con una sezione ritmica jazzata e Iommi che parte in due solos non complessi ma temerari, il primo forse è tra i suoi più originali, segmentato come fosse un'elica, il secondo stacca completamente col pezzo e spinge avanti a tutta velocità (crescente), come fosse un propulsore. Killing Yourself To Live esprime le frustrazioni di Geezer durante il lungo periodo del suo ricovero per epatite, ed è l'episodio più melodico di questa versione hard-prog dei Sabbath, con Ozzy disinvolto e capace di una interpretazione che supera anche i suoi evidenti limiti tecnici, anche lui, come Tony mette le mani sul sintetizzatore, e ne viene fuori un pezzo plastico e sinuoso, più colorato e slanciato di qualsiasi cosa mai fatta prima dai Black Sabbath, un vero e proprio lampo di luce, con una parte solistica di chitarra a dir poco esaltante, avvolgente che riempie tutti gli spazi invece di spezzare il ritmo serrato. Iommi stende il colore, Iommi ricama, Iommi perfeziona e mette a punto il prototipo di brano sabbathiano-orecchiabile che sarà uno standard per il futuro, il vero punto di passaggio tra le loro canzoni iper-ritmiche e l'era della ricerca melodica che in fin dei conti sarà la negazione delle origini quanto l'approdo a nuove forme espressive. Si spinge ancora più avanti Looking For Today, che in più ha (scusate se è poco) delle aperture acustiche straordinarie e intermezzi di flauto e organo, tutto by Iommi, tutto atmosfera, solo che se i primi Sabbath li ricordiamo per le atmosfere cupe e orrorifiche, questi Sabbath si fanno ricordare per atmosfere più ambigue, plumbee ma di sicuro non oscure, ricche di sfumature e di ambivalenza, parte per parte ricavata grazie a contrasti studiati e ricercati.

Il lato sperimentale
La seconda chiave di lettura è offerta da altri quattro brani molto diversi dai precedenti, ugualmente influenzati dal prog, più che altro sulla strumentazione, e nelle atmosfere, prima che nella produzione curatissima e moderna. Questi quattro pezzi si alternano a quelli di prima e ne sono in un certo senso il volto segreto, più diverso in un certo senso sperimentale.
La strumentale Fluff, è frutto maturo di sperimentazioni acustiche che vanno avanti da tre album, mentre però in Master Of Reality c'erano due intermezzi acustici, uno folk e uno medievaleggiante, nel quarto volume c'era già una bella canzone strumentale, Laguna Sunrise, tutta esotica, una sorta di devertissement però, tutt'altra cosa rispetto a Fluff che elabora una sintesi straordinaria tra suggestioni caraibiche e sonorità prese dalla musica barocca, infatti Iommi si mette alla prova con steel guitar, piano e harpsichord, strumenti che presi in modo isolato provengono da storie e geografie molto diverse, accompagnato solo da Geezer e nessun altro, per quasi cinque caldissimi minuti sfumati e meditativi.
Sabba Cadabra è un brano ingannevole, perchè pare quasi il pezzo più sempliciotto del lotto, semplice rocknroll grezzo e aspro, e invece si rivela un'arma a doppio taglio, e quell'inzio così gradasso è solo un modo per aprire una ferita da leccare lentamente, man mano che i tempi inziaiano a cadenzarsi e si apre un varco di eleganti sperimentalismi melodici dove Ozzy mostra tutte le facce del suo nuovo poliedrico abito tecnico e la band sfoggia un complesso e strutturatissimo intreccio delicato di sintetizzatore e pianoforte ad opera di Rick Wakeman degli Yes, ospite d'onore del disco.
Vistosamente anomala è Who Are You, semplicemente i Black Sabbath in versione synth rock. Tutto a la Black Sabbath, ma con una strumentazione cambiata, tutta tastierosa, tra moog, mellotron, timpano, e piano, tutti con la tastiera in mano, tutti pronti a stravolgere i luoghi comuni sui Black Sabbath, reinventando se stessi, diversa sostanza ma la stessa forma, ora eletrronica e allo stesso tempo retrò, per giocare sul concetto di identità, proprio in un pezzo che verte su questa problematica.
Spiral Architect è una nota malinconica a conclusione del disco, un lungo lamento di Ozzy che poggia su una versione sabbathiana e quindi fondamentalmente tristissima del rock classicheggiante (che di certo non nasce con questo pezzo), ossia una ballata con super-arrangiamenti sinfonici in cui non si risparmiano timpano, doppio basso, e uno Iommi che si divide tra chitarrista classico e suonatore di cornamusa, menestrello di un medioevo postmoderno fatto di eugenetica e incubi tutti inediti e immagini terrificanti, come gli imprenditori di pompe funebri che operano meccanizzati, sincronizzati, quasi in vista di una morte sistematica (controllata -scientificamente- si intende), il cielo è ora "a spirale", ora innevato di nero, i padri che piangono per i figli, segno di una totale sfiducia verso il futuro (alla faccia del no future prossimo venturo). Un secolo tutto nuovo e progredito, ma fondamentalente superstizioso. Ma dopo questo terribile lamento c'è sempre spazio per una soluzione, seppur velata La risate, l'amore che tocca mi sta mostrando la via, perchè al dilà di tutto forse è possibile cercare un messaggio di umanità, di ricerca interiore e che so, di speranza anche nei momenti più bui: Ho guardato sul mio cuore e ho sentito là il calore.

John

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