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venerdì 30 gennaio 2009

Coldplay - A rush of blood to the head (2002)


Etichetta: Capitol Records
Anno: 2002

Line up:

(vocalist/pianist) Chris Martin
(guitarist) Jonny Buckland
(bassist) Guy Berryman
(drummer) Will Champion

Tracklist:
1. "Politik" – 5:18
2. "In My Place" – 3:48
3. "God Put a Smile upon Your Face" – 4:57
4. "The Scientist" – 5:09
5. "Clocks" – 5:07
6. "Daylight" – 5:27
7. "Green Eyes" – 3:43
8. "Warning Sign" – 5:31
9. "A Whisper" – 3:58
10. "A Rush of Blood to the Head" – 5:51
11. "Amsterdam" – 5:19

Un afflusso di sangue alla testa è indicativo di due eventi: il primo è sinonimo di pazzia, di comportamenti azzardati e sconclusionati, di frenesia mescolata ad impulso, un comportamento primitivo che riflette il motto “carpe diem”. Ma indica altresì la normale azione di pompaggio della preziosa linfa rossa al nostro sistema encefalico-nervoso, una necessaria ossigenazione dei vasi, il fluire del sangue verso la sede delle nostre paure, del nostro ragionamento e di ogni elemento che allo stesso tempo distingue e rende simile l’uomo all’animale. Questa sintetica analisi medica si sposa perfettamente con l’immagine asettica, enciclopedica e scientifica presente sulla copertina del lavoro di Chris Martin e soci. I coldplay sono ormai una realtà la cui fama è interplanetaria, dopo il successo di classifica, pubblico e critica di Parachutes, A rush of blood porta ulteriore fama e denaro al quartetto britannico, che riesce a piazzare ben quattro singoli in classifica, sugli undici brani di cui si compone il disco. Un lavoro ben strutturato, mainstream ma che gode di un’attenzione meritevole e si colloca nell’hall of fame del brit rock. Perché essenzialmente si tratta di rock di matrice inglese, struggente, equilibrato, melodico, orecchiabile e riposante. Quattro validi musicisti, ognuno dei quali capace di stare al suo posto, di collaborare e partorire un album carico di testi significativi, alchimie sonore azzeccate e grande musica. Tutto quanto si regge sul binomio pianoforte – voce, mentre basso, batteria e chitarra accompagnano l’ascoltatore in un viaggio rilassante e maturo come la campagna inglese in autunno. Ogni tanto qualche paesaggio assolato, mentre si attraversano le colline al tramonto, con i loro profili severi e immutabili, eredità di una filosofia secolare e di grande profondità. Politik ha un inizio che ricorda, per certi versi, i radiohead più tranquillizzati, con la voce di Martin che si interroga e avanza richieste dall’esterno dello spazio, cercando di instaurare un contatto con noi per comprenderci ed essere realmente noi stessi, chiedendoci con dolcezza e sincerità di svelare le nostre politiche.

Look at earth from outer space
Everyone must find the place
Give me time and give me space
Give me real, don't give me fake

In my place (videoclip) la conosciamo perfettamente, credo che sia il prototipo di canzone, assieme a The scientist, dei coldplay: un intro creato su tasti di alabastro, che ci culla e ci offre una mano, precedendoci nel difficile camino della nostra esistenza, cercando di individuare le trappole e farci sorridere, mentre sorseggiamo una tazza di the la domenica mattina. God Put a smile upon your face (videoclip) è uno dei pezzi più interessanti, divertenti ed incalzanti di tutto il disco, enigmatico e inquietante, ci trasporta, incuriosendo

Where do we go, nobody knows
I've got to say I'm on my way down
God gave me style and gave me grace
God put a smile upon my face

Evocativo, ci lascia con molte domande e poche risposte, troppi quesiti e altrettanti dubbi, mentre la canzone cresce insieme alla nostra curiosità. Dubbi che verranno, apparentemente fugati in The scientist (videoclip) brano sull’amore e sulle difficoltà di capirlo. Ma forse la soluzione, vagliata, ragionata, analizzata e discusso, è che non ci siano risposte, conta solo viverlo.

Come up to meet you, tell you I'm sorry
You don't know how lovely you are

I had to find you
Tell you I need you
Tell you I set you apart

Tell me your secrets
And ask me your questions
Oh let's go back to the start

Running in circles
Coming in tales
Heads are a science apart

Versi bellissimi quanto sinceri, non si può fare demagogia nell’amore.

Clocks (videoclip) sfugge via nella sua imponenza come il tempo e noi, inesorabilmente, possiamo solo sederci a farci trasportare dal flusso, verso un’altra destinazione. Daylight, Green eyes, a whisper, warning signs, Amsterdam sono l’ennesima conferma della bravura del gruppo, nel creare melodie semplici ed efficaci, a metà strada tra il rock tipicamente english degli anni ’60 e ’70 ed il cantautorato di Neil Diamond, Cat Stevens, sir Elton John, Joe Cocker, Dylan e le melodie alla Bacharach.

Un disco da apprezzare, da ascoltare con leggerezza e passione. Chi l’ha detto che la semplicità non sia la chiave per vivere meglio?

Sgabrioz

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