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giovedì 12 marzo 2009

Porcupine Tree - Fear Of A Blank Planet (2007)




Anno: 2007

Etichetta: Atlantic

Line-up:

Steven Wilson: Chitarra elettrica e acustica, voce principale.
Colin Edwin: Basso.
Richard Barbieri: Tastiere, programmazioni.
Gavin Harrison: Batteria, percussioni
Alex Lifeson (Rush) - assolo di chitarra su "Anesthetize"
Robert Fripp (King Crimson) - soundscapes su Way Out of Here e Nil Recurring

Tracklist:
Fear of a Blank Planet (7.28)
My Ashes (5.07)
Anesthetize (17.42)
Sentimental (5.26)
Way Out of Here (7.37)
Sleep Together (7.28)




Dita,prima su un pc e poi impegnate in un arpeggio confuso. Le liriche vengono suggerite prima ancora di incominciare, il rapporto umano verso il mondo multimediale (internet,videogames), le relazioni e la droga. La fuga dalla paura del mondo verso una valvola di sfogo. Nella adrenalinica titletrack si possono subito sottolineare gli echi del mitico The Sky Moves Sideways , nella gestione delle parti strumentali eteree , composte dal sempre straordinario Richard Barbieri ( ex Japan, e dunque una garanzia in materia) che fa valere il suo background in trame certamente rielaborate con un certo cupo carisma . Il progetto parallelo con l'israeliano Aviv Geffen , ha arricchito anche la già vasta cultura musicale di Steven, lo dimostrano le linee vocali della dolce “My Ashes” (potrebbe essere uscita placidamente dalle session di Blackfield , il sospetto nasce soprattutto ascoltando la delicatezza degli archi, danzanti come candide piume ) , liberata in cielo da un climax inaspettato nel finale, e “Sentimental”. Ove un ossessivo piano , viene impresso immediatamente nella memoria dell'ascoltatore e il timbro delicato di Wilson non invade mai il confine del banale; restando leggiadra fino al termine del cammino. Ma non è certo un album di sole ballate , le gemme sono due brani , intrecciate dal pathos di due anime diverse, ma ugualmente sublimi. La prima è “Way Out of Here “ , che implode nel suo ritornello, in un clima catartico e songwriting solare da ricordare gli Anathema di A Fine Day To Exit , sboccia tra le trame dei soundscapes ,guidati nientemeno che da Robert Fripp , ammalianti verso l'intreccio con le note chitarristiche , spazzate da un roccioso riff scuola Opeth , schiaffeggiato da una risposta ritmica di Gavin Harrison e poi rasserenato da un incantato tappeto sonoro che risalta l'essenzialità di Colin Edwin e l'ermetica chiusura dei synt.
Gavin è poi nuovamente sopra le righe nella prestazione della suite dell'album, trainando con i suoi tom, la melodia della fantastica “Anesthetize” , che si veste di tristezza nei primi minuti, scivolano sovraincisioni vocali e l'esperienza di Lifeson (Rush), ruggiscono le chitarre, zittite da orientalismi misti alla scuola Hendrixiana nell'uso del wah wah, il piano stuzzica le tigri incatenate negli amplificatori , cresce il ritmo nella strofa successiva. All'undicesimo minuto: detonazione totale. deflagrazione thrashata all'ennesima potenza. Spazio ad una coda lontana parente dell'ambient, rievocativa , rilassa la musica e gli animi,in un onirico sipario. Sarebbe stato il finale più giusto da consegnare allo stereo, mentre tocca alla nenia “Sleep Together” il compito, rivelandosi a livello compositivo, una spanna sotto la restante opera. Non intaccando però in fin dei conti, il qualitativo globale di un piacevolissimo viaggio sonoro “senzavento”, presentato erroneamente come freddo, è bensì gelido.Come lo sguardo riflesso in copertina (un deja vù per i fan, oramai padri affettivi del ragazzo..) , ma questa appunto, chiamasi emozione.
Trionfante persino verso il predecessore, non solo per l'uso non manieristico degli ospiti.
Labbra,voce e udito, sono destinate ai vostri commenti.
Consigliatissimo.


Gidan Razorblade


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martedì 10 marzo 2009

Porcupine Tree - Up The Downstair + Staircase Infinities EP




Anno: 1993

Etichetta: Delerium Records

Tracklist:
1. What You Are Listening To... - (Wilson) - 0:57
2. Synesthesia - (Wilson) - 5:11
3. Monuments Burn Into Moments - (Wilson) - 0:20
4. Always Never - (Wilson / Duffy) - 6:58
5. Up The Downstair - (Wilson) - 9:59
6. Not Beautiful Anymore - (Wilson) - 3:26
7. Siren - (Wilson) - 0:53
8. Small Fish - (Wilson / Duffy) - 2:43
9. Burning Sky - (Wilson) - 11:07
10. Fadeaway - (Wilson / Duffy) - 6:15

Line UP:
* Steven Wilson, chitarra, tastiere programmazione e voce
* Colin Edwin - basso su "Always Never";
* Richard Barbieri - programmazione su "Up the downstair";
* Suzanne Barbieri - voce su "Up the downstair".
* Gavin Harrison - batteria edizione 2005.


Innanzitutto è bene partire da prefazione che ha il valore forse superiore alla recensione stessa.
È consigliabile procurarsi la versione rimasterizzata del 2005 per ascoltare l'opera nella sua completezza e vedere abbandonata la fredda drum machine della prima edizione che stona nel restante contesto e le restanti parti essere completamente risuonate per l'occasione. Del disco spesso si parte da enunciati che come pendoli inciampano sia nel vero che nel falso . Innanzitutto questo non è da considerare nel podio della carriera del gruppo, nonostante la lineup composta , le idee ci sono ma sono ancora alla ricerca della loro personalità più convincente e elegante. Ma questo non deve però pretesto per bollare il cd come mero accostamento Floydiano, sarebbe ancor più sbagliato. Il disco suona moderno invece, i riff a volte hard rock sono introdotti da un synt bass precississimo . Il songwriting della Titletrack è prova più covincente di un mare di parole. Gavin dietro alle pelli in unova edizione sa farsi valere , impreziosendo il pezzo maggiormente . A tratti intimamente solare questo viaggio nelle note Wilsoniane, ricco di cambi di tempo ma non per questo da considerar prog , spesso la struttura del brano viene ripetuta in maniera continua con l'aggiunta di elementi lisergici (“Not Beautiful Anymore” ) . la vera eccezione resta “Burning Sky” , rapsodica sequenza chitarristica in crescendo in maniera ossessiva e serpeggiante ,intorno alle escursioni soliste dotate di un certo Appeal Melodico , giunti ad undici minuti, chiedersi se davvero si può ancora parlare di strumentale. Sintomo di una maturita in continua crescita, “Synesthesia” anticipa certe sonorità future, che li renderanno celebri, in un epoca ancora in pieno flusso grunge che distoglie la critica e pubblico per buona parte. “Always Never” si avvale della presenza di Colin Edwin alle 4 corde, e di un riarrangiamento più curato nella nuova edizione che mira a rendere più limipide le sezioni acustiche. Discorso analogo per la morbida “Small Fish”.
Fadeaway” ci accompagna all'uscio con il suo tappeto syntato e solo Gilmuriano , profondo, passionale. Ad abbandonarci in un mare di echi.




Anno: 1994

Etichetta: Lazy Eye

L' EP purtroppo non gode di nuove session, ma di una rimasterizzazione che ugualmente riveste di importanza i pezzi ( caso specifico “The Joke's On You “ , lucidata a dovere per farla splendere ) che certo non velgon complessivamente meno del disco in questione, ne costituiscono semmai un piacevolissimo prolungamento artistico. Incantevole “ Cloud Zero” nella sua melanconia introspettiva e introversività sonora. Climax sonoro da applausi.
L'episodio atipico è rappresentato dalle percussioni in “ Navigator” , evocativa ma senza infamia ne lode. Più convincente si dimostra la doppietta finale, la dolcezza dell organo di “Rainy Taxy” e la superba “Yellow Hedgerow Dreamscape” , caricata della giusta tensione in una palude intricata di corde elettriche , da lasciarsi catturare.

Inspiegabilmente “Phantoms “ resta esclusiva dei possessori del doppio vinile, almeno fino all'uscita di “Stars Die:The Delerium Years” , indi attualmente, di facile reperibilità.



Gidan Razorblade



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lunedì 9 marzo 2009

Porcupine Tree - On The Sunday Of Life (1991)





Anno: 1991

Etichetta: Delerium

Line-Up:
Steven Wilson: chitarra, tastiere, programmazione e voce
The Expanding Flan: batteria su Third Eye Surfer
Solomon St. Jermain: chitarra e voce su Queen Quotes Crowley
Master Timothy Masters: oboe


Tracklist:
1. Music For The Head - (Wilson) - 2:42
2. Jupiter Island - (Wilson / Duffy) - 6:12
3. Third Eye Surfer - (Wilson) - 2:48
4. On The Sunday Of Life - (Wilson) - 2:11
5. The Nostalgia Factory - (Wilson / Duffy) - 7:25
6. Space Transmission - (Wilson) - 2:59
7. Message From A Self-Destructing Turnip - (Wilson) - 0:27
8. Radioactive Toy - (Wilson) - 10:00
9. Nine Cats - (Wilson / Duffy) - 3:55
10. Hymn - (Wilson) - 1:14
11. Footprints - (Wilson, Duffy) - 5:59
12. Linton Samuel Dawson - (Wilson, Duffy) - 3:05
13. And the Swallows Dance Above the Sun - (Wilson, Duffy) - 4:03
14. Queen Quotes Crowley - (Wilson) - 3:55
15. No Luck With Rabbits - (Wilson) - 0:45
16. Begonia Seduction Scene - (Wilson) - 2:10
17. This Long Silence - (Wilson, Duffy) - 5:10
18. It Will Rain For A Million Years - (Wilson, Duffy) - 10:47





Dopo una manciata di cassette ( "Tarquin's Seaweed Farm", "Love Death and Mussolini" e "Nostalgia Factory" ) , per il giovane Wilson è ora di dar sfogo al suo estro finalmente per un full, decide di riarrangiare pezzi dai suoi esordi ( i rimanenti, verranno affidati alle cure della raccolta “
Yellow Hedgerow Dreamscape” ) , con la sola apparizione di 3 guests in altrettanti brani. Per il resto si delinea la figura di uno Steven Stakanovista, artefice della sua musica nella sua totalità, con l'aiuto della drum machine e l'impeto della giovinezza, che fa capolino a tratti, tradita dal timbro vocale di alcuni pezzi , e da una discontinuità più che comprensibile. Originariamente il disco veniva diviso in quattro parti : First love; Second sight; Third eye; Fourth bridge . Tal catalogazione è scomparsa nelle inevitabili remastered in seguito, ma a giudicare dalle tematiche, non sarà difficile per l ascoltatore, inquadrare le sezioni. Il lato profondamente sognante, a tratti ambient, condito da sezioni d' Oboe ( “Music For The Head” ) è una promessa mantenuta successivamente con la titletrack, difficile far risaltar meglio certi passaggi onirici nonostante il basso buget a disposizione (“Begonia Seduction Scene” sarebbe bene fantasticare su come renderebbe con un audio 5.1) . È uno scorrere di minuti, il tempo, segnato dal pendolo di “Space Transmission” ( recitata in spoken ) a fornire all'ascoltatore il punto forte delo status acerbo di questo LP, la varietà stilistica di brani che attualmente non ci sogneremo mai di sentir passare per la mente dell'artista, “Jupiter Island” strappa qualche sorriso imbarazzato per il suo ottimismo stile surf rock alla beach boys o il pasticcio dancereccio di “ Linton Samuel Dawson” , non verranno certo mensionate tra i brani più riusciti del lotto e della storia della band, ma come non riconoscere in “This Long Silence” un apprezzabile tributo alla New Wave condito da un acidissimo assolo assolutamente incisivo?
Gli omaggi alla Psichedelia invece, rifuggono un po' dal mero luogo comune dei Pink Floyd, quanto spostati nell'ottica del bizzarro Barrett nella maniera più specifica, una chitarra in “
Queen Quotes Crowley” scappa fulminea tra i timpani e vi assicuro ,non la afferrerete. Semmai imparerete a conviverci, e forse a rimanerne colpiti, essa si fermerà a ringraziarvi donandovi barlumi di classe cristallina come la suite “It Will Rain For A Million Years” , il goiellino minimalista “Nine Cats” e le tinte ombrate degli 80's in “Radioactive Toy” , resa sicuramente più celebre in Coma Divine, ma codesta versione dilatata offre diversi spunti riflessivi sul songwriting di Stevie, discreto padrone dei propri mezzi, sfocia nella psichedelia, senza farsi risucchiare dalle sue stesse trame.
Non è il fantasma, bensì l'immagine di Syd a fluttuare danzante anche sulle corde acustiche di “
Footprints” , risaltante composizione di sei minuti tra fuggenti intermezzi elettrosonori quanto sperimentali, non tutto è oro, ma un buon oggetto artistico da ascoltare per gli episodi elencati, valutarne la crescita artistica , e ricordare che lo scheletro della band non era ancora formato nemmeno nei suoi musicisti storici.


Gidan Razorblade

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domenica 8 marzo 2009

Antimatter - Leaving Eden (2007)

Anno: 2007

Etichetta: Prophecy

Tracklist:
1. Redemption
2. Another Face In The Window
3. Ghosts
4. The Freak Show
5. Landlocked
6. Conspire
7. Leaving Eden
8. The Immaculate Misconception
9. Fighting For A Lost Cause

Line-up:

Mick Moss - Vocals, acoustic/electric guitars, organ, electric piano
Session musicians:
Danny Cavanagh - Lead guitar, piano
Ste Hughes - Bass





Sono rari i casi in cui le separazioni portano benefici non unilaterali. Il timore era sommariamente questo, che uno dei progetti rock più interessanti del decennio, perdesse il suo smalto primordiale, a favore di un manierismo o lo status monarchico di Mick Moss. Sbagliato.
Con la stessa naturalezza che nel debut del 20001 trasformò la malinconia in musica, gli Antimatter persistono nell'essere una creatura ,un entità. Non un progetto solista. Spettacolo da sempre esente da protagonisti , comparse raminghe di un anima comunicante , seme uditivo che sboccia nel cuore dell'ascoltatore, silente, tra gli inchini del sole verso la luna e viceversa. Vive. Sapendo rinnovare le sensazioni ad ogni opera , quanto ne sarebbe capace una persona nell'acquisire esperienze nel corso dell'esistenza. Bussandoti nella mente a più riprese, con la sua valigetta di emozioni da consegnarti.
come back “ riecheggiato a metà di “Redemption”è una mezza verità, è una nuova visita di un ospite che non ha mai abbandonato le nostre dimore interiori. È così dolce riconoscere nei primi arpeggi, la citazione a “Everything you know is wrong” , il dialogo solitario delle corde, sfiorate con grazia e intimità, phatos nei filtri vocali bramosi di un climax raggiante , sposato da un passionale assolo, complice come il più malizioso degli amanti . Il songwriting è più ricco di sfumature, nonostante rimanga intaccato il suo minimalista approccio, spiccatamente emotivo nel vestirsi delle liriche delle composizioni, “Another Face In A Window” introduce un vociare confuso di una televisione, timido convivente di una tastiera intristita , seppelliti dall'ardore di Mick
"
They're all the same, assimilated
And here am I born of a lost cause
The underdog, an alien in drag, dying "

allontanandosi dagli obiettivi e dalla massa, così come il brano sfuma via. Eppur siamo lontani dai tesi paesaggi degli esordi, l'album concede raggi di sole di una genuinità del sorriso di un bambino: la splendida “Ghost” , bagnata da violini, è l' esempio del sodalizio artistico con Daniel Cavanagh ,tornato a collaborare in questo disco e autore di una prova sublime da musicista quanto da uomo, perfettamente integrato nel mood gravitante nel dischetto in questione. Non ci sono percentuali, ne conta particolarmente che sia una sola persona a firmare i brani , i risultati superlativi in casi come questi vanno distribuiti in egual maniera, non esistono processi di meritocrazia, ma un semplice applauso collettivo della coscienza davanti ad pezzi strumentali come “ Landlocked” (Chris Phillips e Rachel Brewster si mostrano molto più che semplici sessionmen, avvolgendo i minuti di un caldo respiro di note pacate e medicamentose ) “ The Immaculate Misconception” ,celestiale dialogo tra la purezza del piano e la rapsodia del plettro di Daniel, tenero seguace prima e poi spietato comandante di mari adrenalinici violentati dal suo vibrar inquieto. Poesia Pinkfloydiana purissima , inconscia Mente spoglia di timore reverenziale avanza. Riverberante linea vocale , la Titletrack assesta un altro assalto immobile. Riff possenti scuotono le radici dei brividi, fino a destarli nuovamente , strapazzandoli tra le distorsioni di un amplicatore talmente vivo che sanguinerebbe dilaniato e depredato di sensazioni.

"But grace and lies locked the door from the other side
And now there's not much else there
Grace and lies
In all how long can you hide, how long? "

La domanda è ripetuta energicamente più volte nell'aria della nonrisposta, segue un po' il concept dell'esodo , una partenza, una dipartita, la scelta in se. L' esigenza di trovare il proprio cammino che preservi ciò che ancora è dentro ed affianco a noi (l'amaro clima serpeggiante in“ The Freak Show” ne è testimonianza) . Perdendo il nostro bagaglio affettivo, inciampando spesso lentamente frettolosi ,con lo sguardo rivolto lontano da noi stessi.
"
While I lie here burning, you're encased in ice
With tainted eyes upon your tainted soul
It's no wonder I'm so cold
A terrible thing I'm learning as tears are turned to ice
These four walls will be my dreaded foes
As I rot here in this hole "

recita “Conspire” , impigliando l'essenza di Drake tra le righe di quel pentagramma che guida una acustica lo-fi , sicuramente il timido connazionale Nick avrebbe certamente apprezzato cotanto umile talento. Concentrato e maturo, decide di concludere così, senza code strumentali ne voci femminee accanto, nella melodia della struggente “ Fighting For A Lost Cause” ,spoglia di arrangiamenti quasi fino al termine, ad attenderlo al capolinea , persiste un archetto, piccola luce. A riempire il silenzio poi,resta solo il buio dei nostri contorni, ammantati tra i punti interrogativi delle parole e la solitudine di un ritornello finale, rimasto orfano. E l'orecchio , lietamente condannato, tornerà sui suoi passi ad accarezzarsi, ogni volta ancora,in questo capolavoro. Con la continua sensazione di aver dimenticato un battito nascosto tra i respiri degli strumenti.
"
All the faces on the photographs have changed
To not confuse it all, the names remain the same "


Gidan Razorblade


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sabato 7 marzo 2009

Antimatter - Lights Out (2003)




Anno: 2003

Etichetta: Strangelights Records


Tracklist:
1.Lights Out

2.Everything You Know Is Wrong

3.The Art Of A Soft Landing
4.Expire

5.In Stone

6.Reality Clash
7.Dream

8.Terminal


Line Up:
Mick Mos + Duncan Patterson (tutte le parti suonate)
Michelle Richfield (vocals)
Hayley Windosr (vocals)
Jamie Cavanagh - percussioni

Una recensione improvvisata..Ascoltavo l'album e ho seguito il flusso di emozioni, tante, in questo caso...Perchè è impossibile rimanere indifferenti al cospetto della creatura di Duncan Patterson, che iniziò questo nuovo viaggio musicale proprio dove terminava il precedente, ovvero da Alternative 4 degli Anathema, la band che lo ha consacrato e alla quale ha prestato i suoi abissali giri di basso...
L'album quindi...successore del superbo A Dream For The Blind, rappresenta un climax di emozioni soffuse, in slowmotion, dove il trip-hop si sposa con l elettronica, fondendosi con il prog-rock e l'ambient, mantendendo sempre i legami con il dark e il gothic "intelligente" che caratterizzavano la sua precedente band...L'album si apre con uno straziante suono di una sirena da guerra che introduce la splendida title-track. La tensione sale e invade, ma anzichè esplodere, implode in se stessa con dolci atmosfere elettroniche, sulle quali regna la flebile voce di Michelle Richfield che recita la sua solitudine. "Lights out as you hit the ground" recita la song, e noi la assecondiamo, luci spente mentre si arriva a terra...
La successiva "Stone" è una delicata ballata elettronica, inframmezzata da una parte più ruvida nello stile degli Anathema, e poi chiusa da una voce recitata e introspettiva
L'emozione sale, arriva il trittico di song che sempre mi incanta. "Dream" è costruita su melodie struggenti ; probabilmente il passaggio più easy-listening dell'intero album, ma cesellato da tocchi avanguardistici che lo rendono unico, vicino ai The Gatering post-Mandyllion , mentre le tastiere prima e i violini poi creano arabeschi sonori di fattura sublime. E la sezione ritmica, delicata ma precisa accompagna la song fino alla fine.
Tocca ora a "Everything You Know Is Wrong"...riflessiva, come poche, dove Mick Moss porta a fermarsi e a pensare, in meandri sonori non distanti da quei geni che rispondono al nome di Radiohead. Il pezzo è chiuso da un meraviglioso solo di tastiere, sostenuto appena dagli abissali giri di Duncan Patterson.
Nella successiva "The Art Of A Soft Landing" fa ritorna la voce di Mick Moss, e nel finale fa la sua comparsa una chitarra distorta e un urlo lontano e sofferto: è quasi il momento della catarsi dell'album, dove tutto pare fermarsi accompagnato solo dalle note gravi delle keys.
"Reality Crash" è una bellissima ballata, dominata dal basso di Duncan protagonista assoluto e da un intreccio strumentale unico, dove fa la sua comparsa, sia all'inizio che alla fine, un flauto traverso.
"Expire" è una traccia che non avrebbe sfigurato su in un album di Portishead o dei Massive Attack: 8 minuti di puro trip-hop. La voce femminile non è più delicata e ovattata come nei brani precedenti, ma si fa inquieta, turbata, mentre ripete, quasi come un mantra, "I've a solution. Final solution", e le basi elettroniche diventano fredde, artificiali, lontane anni luce dalle avvolgenti linee melodiche che emergono dalle altre canzoni.
Si giunge così a "Terminal", un brano strumentale aperto delicato, dagli arpeggi di chitarra acustica prima e di un'arpa poi. I colori si fanno scuri nella seconda parte della traccia, dove il suono dei sintetizzatori si fa più profondo e cominciano a sentirsi dei rumori di sottofondo. L'album è quindi chiuso da un ticchettio elettronico continuo.Ipnotico. È questo suono a chiudere l'album, quasi a simboleggiare la speranza che svanisce, ma sempre perseguita, mentre tutte le luci si spengono.

Un album notturno come pochi, vicino come attitudine agli Arab Strap per capacità di emozionare in questa parte della giornata...
Superbo..


Neuros

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giovedì 5 marzo 2009

Anathema - A Natural Disaster (2003)


Anno: 2003

Ettichetta: Music For Nations

Line-up:

Vincent Cavanagh - Voce, chitarra
Danny Cavanagh - chitarra, tastiere, seconde voci
Lee Smith - tastiere, programming
Jamie Cavanagh - basso, programming
John Douglas - batteria
Additional vocals : Anna Livingstone e Lee Douglas


Tracklist:
  1. "Harmonium" – 5:28
  2. "Balance" – 3:58
  3. "Closer" – 6:20
  4. "Are You There?" – 4:59
  5. "Childhood Dream" – 2:10
  6. "Pulled Under at 2000 Metres per Second" – 5:23
  7. "A Natural Disaster" – 6:27
  8. "Flying" – 5:57
  9. "Electricity" – 3:51
  10. "Violence" – 10:45



È un errore comune il considerare la splendida copertina di Travis Smith come il risultato ispirato dall'ascolto del disco, infatti la band dichiarò che il lavoro era stato realizzato prima della fine delle registrazioni.

“potrebbe essere interpretato in vari modi. Se consideriamo i fatti dell’11 settembre, tutto ciò potrebbe essere chiamato disastro naturale. Quindi una conseguenza naturale che è nata da persone cattive, religioni cattive, cattiva storia, comportamenti cattivi. Un marito che spara ed uccide la propria moglie, per un raptus di follia, anche questo è un disastro naturale. Fondamentalmente è il risultato di una scelta, una reazione ad un’azione fra persone. Quindi non può essere visto soltanto come la ribellione della natura ai misfatti dell’uomo, ma può essere vista come la stupida e stolta ribellione di alcuni uomini in reazione alla reiterata idiozia di diverse altre persone. Tutto questo è palesemente riferito ai fatti del World Trade Center e degli attentati in generale”.

appunto...

Feel free to comprehend
What I see will never end
I'm not me now a light has died
Its too real to run and hide

Harmonium” è un brano che ha più la valenza di un intro, fluttua nell'aria di una eterea melodia in attesa di infrangersi su un muro di chitarre per poi riagguantare nel finale nuovamente un clima trip pop ; maggiormente incisiva è “Balance”, sorprendente nel suo uso di controvoci elettroniche e riverberi a tappeto di un brano trasformato in un sussurro del cuore. È ancora tempo di stranirsi “Closer” ci risucchia lentamente in un caledeoscopico vortice sinuoso di vodocoder, inarrestabili ritmiche e distorsioni di chitarra, la trappola sende irrisorio il passar dei secondi, dilatandone il processo senza traccia di noia. Già è il tempo di fermarsi a riflettere, i contorni si fanno più chiari, non c è bisogno di violare l'affascinante booklet per accorgersi che Danny abbai firmato quasi tutto il disco, prende letteralmente per mano la band, conducendola in pacifici territori di dolce melanconia come “Are You There?” ,è il clima di pace dopo tante vicissitudini interne, la tranquillità sgorga dalla sua voce come un limpido ruscello incontaminato. Esteso nella successiva “ Childhood dream “, la chiameremmo strumentale, se non fosse per il suo potere rimembrativo che riesce a comunicare dentro il nostro animo, il lontano vociar di bambini(per la cronaca,la figlia di Smith, Jaden) fan scorrere il calendario all'indietro rapidamente, conservato tra gli occhi resta una sorta di onirico sogno ad occhi aperti. L'atmosfera è destinata a durar poco, giunge la straniera “ Pulled under at 2000 metres a second “ che in troppi han bollato frettolosamente come la “A Dying Wish del 2003” ,solo per somiglianze strutturali.
Just freedom is only a hallucination
That waits at the edge of the distant horizon
And we are all strangers in global illusion
Wanting and needing impossible heaven

Bisogna cogliere i dettagli , il cantato di Vincent filtra disprezzo mutato ad angoscia tesa poi verso gocce di paura distillata nell'incendiario ritornello dal sapore Thrash vecchia scuola, Douglas in dieci anni è notevolmente cresciuto tecnicamente, il gruppo lascia spazio al suo intuito, e cioè mostra sempre i suoi frutti, Da metronomo si muta a peefetto esecutore di fraseggi degni di nota. Nella seconda parte del cd lascia spazio a composizioni chitarristiche nelle ballad, per poi aggiungersi in un secondo momento, è il caso della sinfonia del rimpianto “A Natural Disaster”
Torna poi dietro al microfono Vincent ,introdotto da nastri di chitarre registrate alla rovescia, traformando “Flying” in un incantesimo notturno di suggestive emozioni ,alle doti canore del moro vocalist succede un intenso assolo del fratello, un grido di note sequenziali vorticanti dritte al cielo in un arrestabile crescendo e poi riassopito all'unisono con la ritmica della conclusione. Nuovamente è il turno della serenità, la timida voce di Daniel che si fa spazio tra i pentagrammi per la onesta "Electricity" (che nulla aggiunge ne toglie alla valutazione complessiva del cd) che chiude una triade di brani dal sapore romantico di un essenzialità disarmante. L'ultimo brano ,come i fan oramai sono abituati ad immaginare, è una strumentale. Ma “Violence” mostra il lampo di genio inatteso, Les apre celestialmente con un giro di note dal sapore retrò , Douglas s'insinua nelle trame nella seconda parte , martellando sui tom progressivamente ,spalleggiato da un riff distorto di chitarra in crescita, culminante in capolavoro di John dietro le pelli: una sfuriata impetuosa in piena regola prima di uscire di scena e lasciare i riflettori puntati nuovamente sulla dolcezza del pianoforte e synt in lenta dissolvenza,quasi a incitarvi verso il regolatore del volume per assaporarne ogni minima sfumatura. Di questo disco compatto nella sua disomogeneità, preciso nelle sue imperfezioni, diviso durante il distacco dei due fratelli (che finiscono per spartirsi davvero i brani da cantare) in una sola parola:brillante.


Layers of dust and yesterdays
Shadows fading in the haze of what I couldn't say
And though I said my hands were tied
Times have changed and now I find I'm free for the first time
Feel so close to everything now
Strange how life makes sense in time now
cantata elegantemente da Lee Douglas in un ritmo dal sapore jazzato, concluso in maniera sognante da un mare di voci sovraincise a far risaltare il contenuto del testo.


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Gidan Razorblade

mercoledì 4 marzo 2009

Anathema - A Fine Day To Exit (2001)


Anno: 2001

Etichetta: Music For Nations

Line up:
Vincent Cavanagh - voce, chitarra
Daniel Cavanagh - chitarra, tastiere
Lee Smith - tastiere
Dave Pybus - basso
John Douglas - batteria




Tracklist:
  1. Pressure – 6:44
  2. Release – 5:47
  3. Looking Outside Inside – 6:23
  4. Leave No Trace – 4:46
  5. Underworld – 4:09
  6. Barriers – 5:53
  7. Panic – 3:30
  8. A Fine Day to Exit – 6:49
  9. Temporary Peace – 18:46






Il turbine di problemi che investe il nucleo del gruppo,non impedisce però loro di continuare a sfidare le ire della critica,percorrendo un processo evolutivo verso un abbandono totale delle sonorità metalliche ,per farlo si affidano al supporto del produttore Nick Griffiths e tornano nella grigia Liverpool.
Il pianoforte si avvicina a piccoli passi e il sound stupisce ancora ,il singolo è un brano che presenta una chitarra rapita dalla psichedelia è un ritornello cachy che ne legittima la decisione di renderla il singolo della raccolta e di farne un video,che mostra per l'appunto un viaggio su una macchina in piena notte,ed è una corretta metafora. Release è il matrimonio di una chitarra acustica arpeggiata e un organo gotico che seguono il loro cammino verso una emozionante esplosione affidata ad un pulito assolo di chitarra,il secondo pezzo scritto da Douglas (in risalto in questo lavoro la sua fase compositiva,con ben tre realizzazioni più una scanzonata ghost track dal sapore Country) ,Looking Outside Inside, mostra una interessante evoluzione vocale, partendo timida e giungendo carica di determinazione,mostrando però una lunghezza eccessiva. Nemmeno il tempo di credere in un calo di ispirazione e le ali della melodia di “Leave No Trace” rapisce l'attenzione con la sua atmosfera e un perfetto uso dei cori; “Underwold” incalza con i suoi accordi in maggiore,è il magnetismo di Vincent a dominarli tramite le proprie corde vocali e una perfetta alchimia con la propria lineup che si dimostra oramai padrona anche di un songwriting che affonda le sue radici del rock alternativo figlio di più jeff Buckey che dei ultracitati Radiohead.

There's always something
You won't dare to say
Your good intentions
Are boring take me away
If it keeps you sane, then it's okay
If I played it safe, would it save me?


Con Barriers si affonda nel cuore della serenità e della classe raffinata dell'intera opera, sognanti gli echi e le evanescenti chitarre che circondano Daniel e Lee Douglas in un brano di intima dolcezza. Ma è impossibile preveder la successiva mossa,il gruppo infatti carica un proiettile di adrenalina, Panic” travolge con la sua attitudine punk decelerata al confine del ritornello che elude di poco l'epicità per poi dissolversi tranquilla; Il disco continua a correre, come una ruota di un veicolo, il viaggio assume veli lisergici nella titletrack ,percorrendo leggiadre linee vocali inseguite da una complice batteria e una chitarra paranoica, in una nemesi di sensazioni che selezionano tutte le tonalità possibili di pace e solarità interiore. Quelle onde,terminano un brano per iniziarne e accompagnarne il successivo,la tranquillità che scorre nelle vene proprio come quel mare. Galante accompagnatore del brano “Temporany Peace” composto durante le registrazioni di Judgement e abbracciato perfettamente al resto delle composizioni, in un caldo suono elettroacustico ,la spiaggia è davanti. I vestiti sbottonati e lasciati lì come preoccupazioni ,per immergersi in quella quiete ,e rimanere lì a pensare tra le onde...

Beyond this beautiful horizon
Lies a dream for you and I
This tranquil scene is still unbroken by the rumors in the sky
But there's a storm closing in
Voices crying on the wind
This serenade is growing colder breaks my soul that tries to sing
And there's so many, many thoughts
When I try to go to sleep
But with you I start to feel a sort of temporary peace

There's a drift in and out

Dopo tutto ciò,vi sembra ancora atipica la copertina?

Gidan Razorblade

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