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sabato 4 aprile 2009

Black Sabbath - Technical Ecstasy (1976)


Anno: 1976

Etichetta: Sanctuary

Tracklist:
1. Back Street Kids
2. You Won't Change Me
3. It's Alright
4. Gypsy
5. All Moving Parts (Stand Still)
6. Rock 'n' Roll Doctor
7. She's Gone
8. Dirty Women

Robot sulle scale mobili
Quest'album non piacerà facilmente a chi segue i Black Sabbath. Ancora meno a chi è interessato specialmente al loro primo decennio, e non tanto perchè esso sia in qualche modo un anticipo della loro evoluzione negli anni '80, tutt'altro! Nella sua unicità, l'episodio di Technical Ecstasy si discosta sia da ciò che lo precede, sia da ciò che lo seguirà a distanza di quattro anni. In un certo senso la passione per le atmosfere a la Queen, un po progressive, un po pop, e alquanto melodrammatiche, qua vede un exploit più razionalizzato che nel precedente Sabotage, e ne rappresenta la versione più ripulita e che, pur continuandone il discorso, è come se fosse il giorno che segue alla notte. Un album a suo modo "pulito", quindi non solo diverso nello stile, dal periodo classico (capostipite del doom) dei Black Sabbath, ma diverso proprio nel mood, qua più da usurate rockstar (con i loro drammi e le loro manie) che da pifferai malefici. Tony Iommi qua prende le redini del gruppo, e si carica addosso la sua relativa stanchezza, per fare un album praticamente tutto incentrato sulla sua crescita come chitarrista e come compositore. Gli orizzonti dei Black Sabbath si ampliano a dismisura. E questo spiazza i fan del loro primo periodo, spiazza soprattutto Ozzy, che dopo questo disco lascia la band (salvo poi ripensarci dopo qualche mese, tornare e poi andarsene di nuovo).
Da segnalare pure l'artwork(non solo copertina) bellissimo di Kipper Williams, che già aveva collaborato coi Pink Floyd. Due robot che si sfottono. Non solo è un elemento di modernità, ma è la prima volta che i Black Sabbath sdrammatizzano su questo tema. Il loro problema adesso non è più quello della guerra e dell'apocalisse nucleare, loro parlano della solitudine(ricordate "Solitude") ma la solitudine della rock star, l'unica che può capirli è una puttana trovata per strada nei vicoli di una città che dorme. Che la rock star non sia molto diversa da una puttana?

Progressi e aspettative, ecco le canzoni
La vigorosa Back Street Kids, mostra la miscela di proto-metal - sintetizzatore - ritornello pop che è il vero esperimento radiofonico dei Black Sabbath, l'hanno già fatto in Sabotage e riprovano ora, con un pezzo che sintetizza meglio le diverse prove fatte in Sabotage, cercando di sintetizzare al massimo i diversi filoni percorsi, e il risultato è potente, molto moderno per quei tempi, già praticamente cinque anni avanti e più. Altro che "Am I Going Insane". La voce i Ozzy e più cattiva, maturata rispetto al tormento degli album precedenti, e anche essa curata con suoni più metallici e rigidi.
You Won't Change Me è l'unica che nell'introduzione conforta, con un riff che sembra provenire ancora dai primissimi Black Sabbath, quelli dei primi tre album, per poi mostrare ancora più chiaramente il tempo che è passato, sostenendo quell'incedere marziale e lento con il suono di un organo che pompa la chitarra di Iommi, tutto immerso in un ambiente sintetico; tutt'un tratto quella introduzione tetra diventa una possente e malinconica ballata, con il chitarrismo ingombrante e statico di Iommi che si sposa perfettamente con l'organo: sembra di sentire una cattedrale che prende vita e inizia a muoversi, lentamente, trascinando a fatica i suoi marmi, e quando le pietre stridono e si sbriciolano provocano rumori assordanti, quei rumori che non sono altro che quel rombo di Iommi che decora questa meraviglia architettonica con le meraviglie della sua chitarra, ora agile ed elegante, nel buio di una notte che sembra tradire misteri inquietanti. In effetti questo disco è tra i meno Ozziani di tutti, ed infatti è più che altro l'inizio del grande show del baffuto chitarrista, e non è nemmeno sempre Ozzy a cantare, per esempio in It's Alright canta Bill Ward, tra l'altro mille volte meglio di quanto avrebbe potuto fare Ozzy. Un lento mezzo elettrico e mezzo acustico. Ed è il secondo lento consecutivo. Qua Iommi strega chi ascolta con una bellissima fantasia di chitarra, prima elettrica poi -sublime- in veste acustica, parzialmente ispirata al flamenco ed influenze classiche. In pratica l'accoppiata elettrico-acustico di "Symptom Of The Universe" sintetizzata senza l'espediente del brano sdoppiato in due fasi, e... in un lento, questo è il bello, per la prima volta ci sono due lenti consecutivi, due pezzi che sono fondamentali per l'economia e il senso dell'album stesso. Sul finire del lato B, spicca un'altra perla di malinconia, She's Gone, dove la voce e l'essenziale chitarra acustica sono questa volta dotati di un accompagnamento orchestrale. Sul versante più hard, certo troviamo episodi molto validi, anche se nessuno proprio cattivo, a meno che non ci si vuole accontentare delle accelerazioni repentine all'interno di Rock 'n' Roll Doctor ; infondo ci sono solo belle canzoni fatte ad arte, senza le atmosfere oppressive di Sabotage ed i suoi lunghi lamenti intricati, e quindi ci si potrà stupire al massimo con qualche colpo di classe che fa la differenza, come quel giro di basso di Butler in All Moving Parts (Stand Still) che in pratica decide tutto il pezzo, o quella trovata del ritmo gitano nell'introduzione di Gipsy, estremamente percussiva, specie nell'uso del piano, quando non fa da contrappunto per le scorribande di Iommi.

Uno sporco lavoro per sporche donne
Il problema del disco è che difficilmente una persona che cerca un prodotto del genere andrà a cercarlo in un album del Black Sabbath, non altro. Non c'è nessun altro difetto oggettivo, almeno per gli amanti dell'hard rock puro, che qua da saggio di se in tutto il suo splendore, almeno in un pezzo degno dei classici hard prog di Sabbath Bloody Sabbath, Dirty Women, un appassionante giro in avvitamento libero su se stessi, in una corsa folle ed ebbra di vita, accompagnati da un Ozzy più trasportato ed enfatico che mai e dal più classico Iommi che dirige e sconvolge il pezzo trascinandolo per sette minuti in una pozza di petrolio, per poi accenderla e farle prendere letteralmente fuoco in un assolo che non vuole veramente finire mai. Da lacrime agli occhi. Puttane ok, ma come son bravi loro a fare questi lavoretti, non è bravo nessuno.

John

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1 commento:

Alberto Bernard ha detto...

Complimenti per la recensione!!